Ilva, acciaierie sotto sequestro, ultime notizie Taranto - In principio era l’Italsider. E già allora tutti sapevano che quei veleni portavano alla morte per quei tumori che a Taranto sono sempre stati più frequenti che in altre parti d’Italia. Ma il lavoro era un miraggio per tanti e tanti, pugliesi, lucani e calabresi, accettavano il compromesso di chiudere un occhio sulla salute pur di lavorare. Le assunzioni negli anni ’80 passavano per il ministero delle Partecipazioni statali e per le mani dei ras democristiani locali. La produttività era un aspetto che non interessava nessuno, l’importante era far prosperare ben 546 imprese d’appalto, comprese quelle più prossime alla mafia pugliese. Anche allora si moriva di fabbrica e per la fabbrica, ma politici e sindacati erano impegnati a garantire lavoro e il gioco reggeva.
Poi arrivò Emilio Riva, il padrone delle ferriere, che si ritrova con la più grande acciaieria d’Europa tra le mani e continua a portare avanti una politica disastrosa per l’ambiente e per i tarantini che continuavano a morire di fabbrica e per la fabbrica. Negli ultimi anni le cose iniziarono lentamente a cambiare, dopo i primi allarmi sulla mortalità per cancro e sulle coltivazioni di cozze, si stava intervenendo per sanare le ferite dell’inquinamento, con un’azione congiunta tra governo, regione, azienda, enti locali e sindacati.
Il provvedimento di chiusura preventiva emesso ieri per lo stabilimento Ilva di Taranto arriva quindi come un fulmine a cielo, quasi, sereno quando Emilio Riva si era già fatto da parte e aveva nominato ai vertici dell’Ilva l’ex prefetto Bruno Ferrante. Il governo tecnico dell’Ilva aveva compreso prima di ieri che era urgente investire 330 milioni per l’ambiente di Taranto.
Anche se con i tempi lenti della giustizia italiana le misure disposte dal gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento ambientale prodotto dall'azienda siderurgica piu' grande d'Europa sono estremamente pesanti: sequestro preventivo dell’intera area a caldo dello stabilimento senza facoltà d’uso per tutti i sei impianti. Il decreto di sequestro preventivo, notificato ad un legale del gruppo Riva, riguarda le aree di parchi minerali, cockerie, agglomerazione, altiforni, acciaierie e gestione materiali ferrosi. Sono state individuate anche tre figure tecniche (due funzionari dell'Arpa Puglia e uno del Dipartimento di prevenzione dell'Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza.
Il giudice per le indagini preliminari ha disposto anche gli arresti domiciliari per otto persone tra dirigenti ed ex dirigenti del Gruppo Riva. I provvedimenti riguardano il patron Emilio Riva, presidente dell'Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli e' succeduto nella carica e si e' dimesso un paio di settimane fa, l'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell'area agglomerato, Angelo Cavallo, Marco Andelmi e Salvatore D'Alo', altri due dirigenti d'area, e Salvatore De Felice, da pochi giorni subentrato a Capogrosso alla direzione dello stabilimento di Taranto. I destinatari della misura cautelare sono accusati a vario titolo di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.
Le voci sul contenuto dei provvedimenti adottati dal giudice si sono diffuse nella mattinata di ieri e hanno scatenato la protesta, comunque pacifica, dei lavoratori metalmeccanici, che hanno invaso a migliaia la città, bloccando il ponte girevole dopo un incontro infruttuoso in Prefettura. In serata i sindacati di categoria hanno proclamato uno sciopero ad oltranza, dopo una riunione tra gli stessi sindacati e l'azienda. Prevista per oggi un’assemblea nello stabilimento.
Gli impianti posti sotto sequestro, che sono molto complessi e di dimensioni gigantesche, non subiranno uno spegnimento immediato, che al contrario provocherebbe una vera e propria esplosione dello stabilimento. Occorreranno alcune settimane per chiudere gli impianti, se si dovesse davvero arrivare alla soluzione estrema. Il gip ha posto una condizione perché l’Ilva rimanga aperta: che si rendano compatibili con l’ambiente i reparti e le aree di produzioni. Intanto la produzione dovrà subire rallentamenti graduali. Sono circa cinquemila i lavoratori degli impianti sequestrati, su un totale di 11.500 circa dipendenti diretti dello stabilimento, ai quali vanno aggiunti circa 4.000 lavoratori dell'indotto.
Immediate anche le reazioni di rappresentanti del governo locale e nazionale: firmato ieri il protocollo d’intesa tra Ministero dell’Ambiente, Regione Puglia e rappresentanti degli enti locali per garantire fondi per oltre 300 milioni di euro destinati al risanamento ambientale di Taranto. Per il ministro dell’ambiente Corrado Clini ''L'intenzione è di sostenere lo stabilimento''.
Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha annunciato che, in un eventuale processo, la Regione si costituirà parte civile. Ma il futuro più immediato è il posto di lavoro sempre più traballante di migliaia di lavoratori metalmeccanici: ''Credo che dobbiamo esprimere una grande solidarietà – ha sostenuto Vendola - nei confronti di una comunità operaia che vive con grande apprensione una prospettiva che sarebbe disastrosa per la loro sorte, per la sorte della città di Taranto, per l'economia della Regione Puglia e per la tenuta del sistema industriale nazionale. L'Ilva di Taranto rappresenta un pezzo cruciale del sistema industriale italiano. E' il principale fornitore di lamine di acciaio per tutta l'industria metalmeccanica italiana e l'idea di un effetto domino fa tremare le vene e i polsi''.
Dall'azienda, infine, una promessa solenne: "Non posso esprimermi ancora sul sequestro degli impianti", ma "voglio dire che - dice il presidente dell'Ilva Spa, Bruno Ferrante - non mancherà l'impegno, come non e' mai mancato in questi anni, per tutelare in tutte le sedi opportune l'occupazione e il futuro dell'Ilva, che è patrimonio dell'intero Paese''.