VITERBO ( UNONOTIZIE.IT ) Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore, è caporedattore di Radio 24 – Il Sole 24 Ore.

E’ autore, regista, interprete di teatro civile, ma è soprattutto un uomo umile e simpatico.

Il teatro civile in Italia, dopo un difficile rodaggio, è diventato un fenomeno quasi di massa.

Dietro questo successo ci sono, tra l’altro, le inchieste e le performance di Daniele.

Siamo a Porta Romana, una fredda mattina di gennaio: tutto si può desiderare tranne che chiacchierare all’aria aperta.

Intorno a noi Viterbo è sonnolenta, quasi insolente nella sua gelida bellezza.

Daniele sta terminando l’ennesimo libro “impegnato”: una ricostruzione attenta ma tremendamente umana della morte sul campo di alcuni giornalisti coraggiosi.

Dopo il successo del Paese della Vergogna, Passione Reporter si incasella perfettamente nella sua lunga carriera di autore.

Fissiamo una data in primavera per presentare “Il Paese della vergogna” al pubblico della Libreria Malatesta e continuiamo a chiacchierare.

Alcuni suoi lavori, seppur usciti da qualche anno, mantengono intatte le loro peculiarità: La fabbrica dei Profumi, incentrato sulla tragedia di Seveso, Fausto e Iaia, due ragazzini del Leoncavallo di Milano barbaramente trucidati, Le vie di fuga, gli esilii dorati e protetti di molti ex terroristi e Walter Tobagi, la figura e la morte di un giornalista del dialogo.

Daniele quando parla si lascia trasportare dalla passione, cerco d’interromperlo a fatica con alcune domande marzulliane.

Si avverte un profondo malessere in tutti i tuoi libri, come se per te “la scrittura” fosse una sorta di espiazione.

La responsabilità di ricordare, di condividere il peso della bruttezza del mondo e, forse, di alleviarlo nel condividerlo.

“Il mestiere della scrittura è un atto acrobatico, un gesto pubblico che miscela tecnica, passione, disciplina e consapevolezza. Scrivere, in generale, è un atto di memoria e di impegno civile, in un paese che si piazza agli ultimi posti della classifica dei libri letti e venduti. Io sono un cantastorie, uno che ha deciso di metterci la faccia, che non si nasconde dietro paraventi. La mia voce è quella delle tante persone che non hanno possibilità di parlare, di raccontare, di esprimersi, perché massacrati dalle profonde ingiustizie e dai torti ricevuti. Sono rimasto amico di persone che hanno perso il loro figlio, il loro padre, la madre. Faccio da tramite.

Mi dicono: “Tu che sei un giornalista, uno scrittore, un attore, tu che puoi...”. Si, a differenza loro io posso e vado avanti, tiro dritto,  sfrutto la tecnologia che serve per divenire popolari, vado poco in televisione, quello che serve per proporre le mie idee, alcune volte, come dice Stefano Benni, ci si mette in disparte, si fa posto. E si fa la differenza, e si resta, nonostante il tempo.”


Italia pallida madre: troppi misteri e poco senso civico. Ripercorrere, attraverso le tue pagine, la nostra Storia è un viaggio  nel rimpianto: un Paese che poteva essere e non è stato.

“Si hai ragione. L'Italia è un paese dove il passato sembra non passare mai. La politica non è stata mai in grado di offrire risposte certe e plausibili sui retroscena della strategia della tensione, le bombe scoppiate in tempo di pace che hanno provocato centinaia di vittime innocenti e migliaia di feriti. La società civile è disattenta. Dove sono finite tutte quelle persone che avevano partecipato ai funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana, di Fausto e Iaio, quelli che avevano gridato parole forti contro gli uomini delle istituzioni ai funerali dei morti sul treno Italicus, il 4 agosto 1974, della stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, del Rapido 904, il 23 dicembre 1984.”


Ma che crisi è questa? E’ come se la società, in tutte le sue manifestazioni,  si fosse liquefatta sotto la spinta oscena della massificazione. Le comunità intermedie: partiti, associazioni, gruppi culturali spariscono schiacciate da un’isteria televisiva da grande fratello. Non è solo un problema di quattrini. Come se ne esce?

“Restano speranze e tracce importanti: le cooperative di Libera nate sui terreni confiscati dallo Stato alla mafia, le manifestazioni in memoria delle vittime delle cosche, i grandi movimenti di giovani in Calabria dopo l'assassinio di Francesco Fortugno. C'è un'Italia che non abbassa il capo davanti ai potenti corrotti e mafiosi, che tiene la schiena dritta. Partiamo da lì.”


Abbiamo bisogno di eroi. Un maledetto bisogno di eroi. Da Tobagi ad Ilaria Alpi, la tua ricerca di autore è impregnata da questo bisogno.

“Non erano eroi. Facevano i giornalisti, consumavano le suole delle scarpe come avevano insegnato i padri del nuovo giornalismo d'inchiesta, quelli nati sul piano lavorativo al termine della seconda guerra mondiale, nei giorni della ricostruzione del paese: Giorgio Bocca, Marco Nozza, Corrado Stajano. I grandi cronisti e i narratori. Dovevano essere testimoni, dovevano vedere con i loro occhi, verificare le fonti, mettere in fila i fatti. Oggi non si è più abituati a giornalisti d'inchiesta. Io, del resto, sono uno degli ultimi rimasti. Oggi nelle redazioni i giovani colleghi aprono internet e credono di avere sotto controllo le notizie del mondo. Ma chi ha scritto quelle notizie? Chi le ha pubblicate? Chi pilota oggi l'informazione in Italia? C'è bisogno di giornalismo, non di eroi, solo di buon giornalismo.”

Il 5 Aprile alle 17 - Daniele Biacchessi torna a Viterbo, ospite della Libreria Malatesta che ha organizzato l’incontro con l’ausilio dell’Anpi e dell’Arci.

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