ROMA (UNONOTIZIE.IT)
“L’emergenza deve essere l’occasione per risanare e riqualificare definitivamente queste zone, è un obbligo nei confronti delle popolazioni che chiedono un futuro diverso e migliore, con un percorso che, a nostro avviso, deve essere anche estremamente partecipato dai cittadini. Di tutto ciò non c’è traccia nella discussione per l’intesa suddetta e per questo chiediamo che sia decisamente rivisto il percorso avviato”.
Così si chiude la lettera che Legambiente Lazio ha inviato la scorsa settimana al Presidente della Regione Lazio e ai Sindaci dei Comuni interessati, in merito all’intesa intercomunale sul futuro della Valle del Sacco, siglata fra Artena, Colleferro, Labico e Valmontone, quattro Comuni dell’area, che prevede un successivo Accordo di Programma, sotto la regia della Regione Lazio.
“E’ evidente, allora, il forte e motivato allarme sociale che stanno determinando questi fatti – si legge nella lettera in merito alle varie emergenze che dal 2005 hanno colpito l’area - . Ed è altrettanto evidente, a nostro avviso, che accanto al controllo della salute della popolazione e alla restituzione alla legalità degli impianti esistenti, i veri temi da affrontare sono da un lato quello della bonifica complessiva dei siti e dall’altro quello del futuro da dare alla Valle del Sacco, alle sue imprese, ai suoi cittadini. In questo contesto ci appare piuttosto sbrigativo, e indirizzato nella direzione sbagliata, quanto alcuni degli enti locali si predisporrebbe a fare”.
Perché la strada da percorrere, si legge ancora, è quella della “riduzione degli impatti ambientali”, come spiegano bene i numeri riguardanti l’eccessivo carico antropico che preme sul Bacino del Fiume Sacco, “di natura civile, ma soprattutto industriale”.
“Per questo – sottolinea Legambiente Lazio - non condividiamo la scelta di nuovi impattanti progetti, di nuove aree industriali o logistiche a Colleferro piuttosto che ad Anagni o in altri luoghi della Valle, dell’aeroporto di Ferentino, dell’ampliamento o la nuova realizzazione di discariche, del semplice spostamento di qualche chilometro di impianti industriali esistenti, magari per nuove speculazioni edilizie nelle aree inquinate liberate”.
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