ROMA,
17.04.2020 - Greenpeace, ultime news Coronavirus - Per ridurre il rischio di future pandemie, l'Unione europea e i
governi nazionali devono bloccare il sostegno all'allevamento intensivo nei
pacchetti di salvataggio o con altri sussidi pubblici, salvando invece l’agricoltura
su piccola scala. A livello nazionale ed europeo i lobbisti del settore
agricolo
hanno già chiesto sostegno per il settore delle carni e dei latticini. L'allevamento
intensivo ha un ruolo ben noto sia per l’emersione che la diffusione di infezioni virali
simili al Covid-19. Si stima che il 73
per cento
di tutte le malattie infettive emergenti provenga da animali e che gli animali allevati trasmettano agli
esseri umani un grande numero di virus, come i coronavirus e i virus
dell'influenza.
E’ probabile che gli allevamenti intensivi, in particolare di pollame e suini, nei quali gli animali sono tenuti a stretto
contatto e in numero molto elevato, oltre che movimentati su grandi distanze, possano
far aumentare la trasmissione di malattie. “Migliorare
la salute dell'uomo e degli animali, insieme a quella delle piante e
dell'ambiente, è l'unico modo per mantenere e preservare la sostenibilità del
Pianeta” dichiara la professoressa Ilaria Capua, direttrice della One Health
Center of Excellence dell’Università della Florida, sottolineando che la
salute umana è indissolubilmente legata alla salute degli animali e della
natura. Avremo un Pianeta e una vita sani solo se cambiamo drasticamente il
modo in cui trattiamo gli altri esseri viventi, animali negli allevamenti
intensivi compresi. L'allevamento
degli animali è il principale motore della distruzione globale delle foreste e
i ricercatori stimano
che il 31 per cento delle epidemie di malattie emergenti siano legate al
cambiamento nell'uso del suolo - tra queste HIV, Ebola e Zika - collegati
all'invasione umana nelle foreste pluviali tropicali.
“L'allevamento
intensivo e la distruzione delle foreste legata alla necessità di produrre mangimi
sono ingredienti perfetti per future pandemie. Se continuiamo a spingere gli
animali selvatici a contatto con le persone e a concentrare gli animali in
allevamenti sempre più grandi, il Covid-19 non sarà purtroppo l'ultima
emergenza che dovremo subire. L'Ue e i governi nazionali devono salvare gli
agricoltori su piccola scala colpiti da questa crisi e smettere di sostenere il
sistema degli allevamenti intensivi che mettono a rischio la salute
pubblica" dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di
Greenpeace Italia.
Il
settore zootecnico europeo, nell'ambito dell'attuale Politica Agricola Comune
(PAC) riceve già, direttamente e indirettamente attraverso la produzione di
mangimi, tra i 28 e i 32 miliardi di euro all'anno in sussidi pubblici dell'Ue,
il 18-20 per cento del bilancio totale dell'Ue. La stragrande maggioranza di
questi pagamenti sostiene le aziende intensive più grandi, che forniscono oltre il 72 per cento dei prodotti di
origine animale nell'Ue, mentre le aziende più piccole continuano a scomparire.
Quasi tre milioni di allevamenti hanno chiuso tra il 2005 e il 2013, quasi un
terzo di tutti gli allevamenti dell'Ue. L’Italia, tra il 2004 e il 2016, ha
perso oltre 320 mila aziende (un calo del 38 per cento). Greenpeace
chiede all'Ue e ai governi nazionali di garantire una transizione giusta ed
equa fornendo aiuti finanziari agli agricoltori su piccola scala che, adottando
pratiche ecologiche e lavorando a
livello locale assicurano una produzione alimentare sana e resiliente, nonché
ai lavoratori agricoli che potrebbero perdere i propri mezzi di sussistenza.