Nel corso delle indagini, condotte dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e coordinate dai sostituti procuratori Franco Pacifici e Stefano D'Arma, gli inquirenti hanno scoperto e sgominato un traffico di 250mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, provenienti da ogni parte d'Italia e aventi come destinazione finale Viterbo, per un giro d’affari pari a 2,5 milioni di euro. Coinvolta un'organizzazione criminale che procedeva a manipolazione e miscelazione dei rifiuti prodotti da numerose aziende. I rifiuti, costituiti da fanghi di cartiera, terre inquinate da Pcb, ceneri di acciaieria, rifiuti farmaceutici e contenenti alte concentrazioni di zinco, piombo e nichel, viaggiavano accompagnati da certificazioni false, fornite da un compiacente laboratorio d’analisi, e venivano poi smaltiti in tre ex cave in ripristino ambientale.
“Il processo di Viterbo procede grazie al lavoro del Tribunale e della Procura dopo le accurate indagini dalle forze dell'ordine, pur se tra mille cavilli che vorrebbero forse portare verso la prescrizione dei reati -afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio-. Servono pene esemplari per questi criminali, per dare segnali forti contro le ecomafie, vanno colpiti i patrimoni utilizzando i beni sequestrati anche per le necessarie bonifiche.”
Secondo l'ultimo Rapporto Ecomafie redatto da Legambiente in collaborazione con le Forze dell'Ordine, nella provincia di Viterbo nel corso del 2010 sono state commesse 154 infrazioni ambientali, numeri che la collocano al 66esimo posto nazionale fra i capoluoghi di provincia per questi illeciti. 20 di queste sono infrazioni nel ciclo dei rifiuti, che hanno portato alla denuncia di 23 persone e 10 sequestri, mentre per quanto riguarda il cemento sono state 59 le infrazioni, con 56 denunce e 18 sequestri effettuati.
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