MAFIA, PROVENZANO: L’ENIGMA DI ATTILIO MANCA. Ultime notizie Tuscia, Viterbo - La morte di Attilio Manca, il giovane urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto trovato misteriosamente morto a Viterbo, è un intricato enigma che sembra non avere fine. La più fedele ricostruzione del caso, che ormai sembrava destinato all'oblio, ci arriva dal libro “L’enigma di Attilio Manca – Verità e giustizia nell’isola di Cosa Nostra”, traduzione italiana del volume pubblicato in Spagna e scritto dal giornalista catalano Joan Queralt.
L’opera, edita da Terrelibere.org., è stata presentata presso la Libreria del Teatro a Viterbo nell’ambito della rassegna “Il sal8 delle 6”. Sono intervenuti i genitori e il fratello della vittima, Fabio Repici, legale della famiglia Manca, Sonia Alfano, Presidente Associazione Nazionale Vittime di Mafia, e Federica Sciarelli, conduttrice della trasmissione di Rai Tre “Chi l’ha visto” e prima giornalista ad occuparsi della vicenda e dei suoi possibili legami con la mafia.
Aveva solo 34 anni Attilio Manca quando venne rinvenuto cadavere nel suo appartamento la mattina del 12 febbraio 2004. L’autopsia accertò che il decesso venne causato dall’assunzione di un cocktail di farmaci, eroina ed alcool. Al braccio sinistro di Attilio erano visibili due segni di punture, ma lui era un mancino puro, perciò, ragionevolmente, avrebbe dovuto iniettarsi la droga nel braccio destro. Aveva il setto nasale rotto e c`era una pozza di sangue, pur essendo caduto sul materasso. Inoltre, a detta di parenti, colleghi e amici, era da escludersi che l’urologo assumesse sostanze stupefacenti e che avesse ragioni per suicidarsi: aveva davanti a sé una luminosa carriera, nonostante la giovane età era già un medico brillante, all’epoca l’unico in Italia, assieme al suo maestro Gerardo Ronzoni, a saper operare la prostata per via laparoscopica.
La procura di Viterbo, titolare delle indagini, chiese per due volte l´archiviazione del caso come suicidio, ma i genitori si opposero fermamente, sostenendo che il figlio fosse stato ucciso per cause inerenti la sua professione, facendo emergere addirittura dei legami con il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Nell’autunno del 2003, infatti, Attilio si reca nel sud della Francia per assistere ad un intervento chirurgico. Dalla maxi operazione antimafia denominata “Grande Mandamento” è stato poi accertato che Provenzano subì un’operazione alla prostata in una clinica di Marsiglia proprio nell’ottobre di quell’anno. Questa singolare coincidenza fa pensare ad un’esecuzione di stampo mafioso in piena regola per eliminare un testimone scomodo.
Gianluca, fratello di Attilio, ha ribadito la profonda indignazione sul modo, a dir poco negligente, in cui sono state condotte le indagini fin dall’inizio e anche dalla ricostruzione giudiziaria di Repici sono emerse imponenti lacune investigative. “Le indagini - ha detto l’avvocato - sono state condotte male e con superficialità, anche per quanto riguarda l’acquisizione dei tabulati telefonici sia della vittima sia di altri soggetti implicati”.
Una numerosa platea, attenta e a tratti sbigottita, ha ascoltato gli interrogativi irrisolti, le troppe omissioni e i tanti dubbi che ancora aleggiano sulla vicenda e che avrebbero meritato ben altri approfondimenti invece che ripetute richieste di archiviazione. Tutti i particolari e le incongruenze del caso sono dettagliatamente descritte da Queralt nel suo libro, anch’esso considerato scomodo visto che la diffusione è stata ostacolata con una decina di diffide all’editore e alla distribuzione nel territorio messinese. Un pesante tentativo di censura che induce ancora di più a pretendere verità, per far si che quello di Attilio Manca non rimanga l’ennesimo caso di giustizia negata.
Elisa Ignazzi