RIFIUTI NELLA TUSCIA. Termovalorizzatore, ultime notizie - Viterbo - La discussione sul termovalorizzatore - tornata in prima pagina dopo le indiscrezioni sulle intenzioni della Regione e le dichiarazioni di alcuni amministratori locali - rischia di ripercorrere la strada che è stata dell’aeroporto: una truffa che finisce in farsa.
Con il rischio che i rifiuti però vengono bruciati già nel viterbese ma nessuno se ne è accorto - e senza troppi controlli - negli impianti industriali.
Allora è il caso di ripercorrere alcuni istanti della lunga storia: quella dell’incenerimento a Viterbo, a beneficio della stampa e dei cittadini.
Per quanto riguarda il ciclo viterbese, ricordiamo l’approvazione nel 1998 del Piano Provinciale di Rifiuti (Giunta Gabbianelli) della provincia di Viterbo. Il Piano prevedeva:
1. Impianto di combustione e recupero a Monterazzano - Le Fornaci
2. Discarica di 1° categoria solo per RSU non recuperabili (non CDR)
3. 3-5 stazioni di trasferenza per la raccolta differenziata
4. 1 impianto di compostaggio per l’umido
5. Programma di promozione della raccolta differenziata
6. Istituzione società mista a prevalente capitale pubblico “Tuscia Ambiente” per la gestione dell’intero sistema dei rifiuti (statuto approvato in CP n° 83 del 27/10/1997)
7. Allontanamento dei rifiuti della provincia di Rieti
Dati alla mano il Piano Provinciale di Gabbianelli/Marini/Battistoni è stato fallimentare (incentrato sulla combustione), mai attuato dagli stessi proponenti (6 dei 7 punti non sono stati realizzati) e con molte ombre nella sua attuazione: nessun controllo sulla filiera Casale Bussi – Monterazzano.
Poi arriva il Piano commissariale del Lazio prodotto sotto la guida Marrazzo / La Porta: con l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata Viterbo produrrebbe 1/30 del CDR totale del Lazio (circa 21.000 t/anno).
Per far funzionare un inceneritore/termovalorizzatore a Viterbo (quello proposto ed economicamente sostenibile “brucia” circa 100.000 t/anno di CDR) dovrebbero arrivare rifiuti - almeno i 2/3 - da Terni e Roma e da altre province. Comprese quelle della Campania. Marrazzo dichiara che un termovalorizzatore a Viterbo è inutile e antieconomico.
Poi il pasticcio del CDR dell’impianto di Casale Bussi: secondo il rapporto Apat 2005 e le parole di Marini nell’audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sul traffico dei rifiuti del giugno scorso) l’impianto di produzione di CDR di Viterbo, con la sua potenzialità dichiarata di 215.000 t/anno, risulta essere operativo ed autorizzato, ma non produce CDR. Se questo fosse confermato, sarebbero avallate le ipotesi di una gestione non corretta del ciclo da parte della società che gestisce l’impianto e che è stata controparte delle amministrazioni locali nel contenzioso sulle tariffe.
Ricordiamo infatti che con Decreto Verzaschi/Storace e avallato da tutte le giunte regionali successive, la tassa sui rifiuti a Viterbo è aumentata (costo a tonn da 70 a 100 euro circa) per consentire alla ditta Ecologia 2000 di produrre CDR di alta qualità; ma se questo non viene prodotto dove finiscono gli utili?
La Ecologia 2000 infatti avrebbe riempito la discarica di Monterazzano con rifiuti non trattati come CDR e non riutilizzabili a tal fine, come previsto dal Piano provinciale, saturandola e ampliandola anzitempo, causando un danno enorme – ambientale ed economico - alla collettività viterbese
Alla commissione Parlamentare sui traffici illeciti (seduta del 15/06/2010) Marini ed Equitani hanno avuto non pochi problemi a spiegare come mai, se gli inceneritori del Lazio non “bruciano” che il 40% dei rifiuti regionali (gli altri provengono da altre regioni dove la situazione critica costringe gli enti locali a sostenere costi elevati per lo smaltimento di rifiuti non a norma di legge), a Viterbo non si è riusciti a produrre CDR da vendere ai termovalorizzatori di Colleferro
Il mancato conferimento dei rifiuti viterbesi agli impianti regionali, come CDR, come previsto dal Piano Provinciale stesso, ha causato l’aumento delle tariffe nella Tuscia e l’esaurimento della discarica di Monterazzano. I gestori di Monterazzano hanno visto schizzare verso l’alto i profitti e a Colleferro sono stati costretti a bruciare rifiuti non idonei aumentando l’inquinamento dell’area.
Un caso, una coincidenza o si tratta di altro?
Tante le imprecisioni di Marini nella ricordata audizione (casale Bussi produrrebbe 300 mila tonnellate di CDR secondo il Sindaco di Viterbo … ma Viterbo e Rieti producono insieme 230 mila tonnellate di RSU e il CDR rappresenta al massimo 30/35% del totale), troppe le inesattezze e i “non so, non ricordo”, allarmanti i “non è di mia competenza sapere questo” da parte dei tanti che si sono succeduti. (Consiglio vivamente la lettura dei verbali: a tratti inquietanti).
Tutto a vantaggio della lobbies degli inceneritori.
Intanto varie verità vengono nascoste per sostenere questi interessi: il fatto ad esempio che i termovalorizzatori contrastano con la crescita della raccolta differenziata: stimato anche il costo per la diffusione su tutto il territorio viterbese della raccolta domiciliare (che funziona benissimo con punte del 60/70% ad Acquapendente, a Corchiano, a Oriolo, a Monterosi e in molti comuni è in costante crescita) pari a oltre 7 milioni di euro in 4 anni, ci sarebbe un incremento occupazionale di oltre 200 nuovi addetti a tempo indeterminato; senza considerare che la vera emergenza è la realizzazione di impianti di compostaggio della frazione umida, senza i quali non è possibile chiudere il ciclo.
La riflessione forse somiglia troppo ad un dossier (magari uno di quelli plausibili, una volta tanto) e chiedo scusa. Ma di fronte alle tante e strumentali “scellerataggini” che vengono sostenute da importanti amministratori locali, era opportuno un piccolo contributo. Tutto è agli atti e documentato.
Molte le cose che sarebbe necessario ancora affermare e ricordare; tanta la paura di lasciare tutto questo nelle mani di personale politico e tecnico incapace e poco disinteressato.
Umberto Cinalli / SEL Viterbo