Se ne è andata una persona speciale che conoscevo da quando sono nata e ha fatto da “bisnonno” anche ai miei figli raccontando gli episodi di guerra da lui vissuti.
Fino a meno di una decina di anni fa lo potevamo trovare a tutte le parate militari, da quelle dei Bersaglieri e quelle della Marina! Era un uomo apprezzato per la sua grande onestà.

Alle esequie che si sono tenute il 14 maggio 2011 in forma strettamente privata per suo volere nella chiesa del Sacro Cuore, era presente una delegazione del Comando Militare Esercito Marche guidato dal Generale di Brigata Antonio Raffaele.

Una presenza graditissima al “nonno” come veniva chiamato dai nipoti e da tutti quelli che gli sono stati vicini in questa lunga vecchiaia, che era rimasto legato alla vita militare fino all’ultimo momento: aveva giurato fedeltà al re e ai suoi reali discendenti e non l'ha mai dimenticato.

“Maurizio Nacher Saltara – ha detto il generale Raffaele – è stato e deve essere un esempio di amor patrio per le nuove generazioni soprattutto in questo anno così significativo in cui si celebrano i 150 anni della nostra Italia”.

Maurizio Nacher Saltara era un uomo di grande onestà intellettuale e di grandi principi morali. Un uomo per il quale la dignità, l'educazione, il rispetto erano importantissimi, ma soprattutto l’educazione ricevuta, l'amore per la famiglia, i nipoti e la Patria: nelle sue ultime volontà ha lasciato scritto con precisione incredibile come sarebbe dovuto essere vestito per l’ultimo viaggio: esattamente come nella foto allegata.

Nato in Ancona il 16 maggio 1912, dopo le scuole medie superiori aveva frequentato l’Università di Lingue Istituto Orientale di Napoli e successivamente la facoltà di Psicologia dell’Università di Roma.

Nel 1940, abilitato Docente di Cultura Militare per le Scuole Medie Superiori, aveva insegnato al Liceo Classico “Rinaldini” (II e III anno) e nell’Istituto Magistrale Superiore (III e IV anno) di Ancona.

Per 13 anni ha prestato servizio militare nel Reggimento Artiglieria Celere Emanuele Filiberto di Savoia “Testa di Ferro” (batterie a cavallo “Voloire”), nel 93° e nel 225° Reggimento Fanteria, negli “Arditi” e nella 17° Legione cc.nn. d’assalto.
Era mutilato di guerra, Grande invalido per ferite in combattimento, pluridecorato, Medaglia d’Argento al Valor Miitare.
Nella vita civile è stato dirigente industriale.
Il 3 marzo 1936 era stato dato per morto nel combattimento dello Scirè avvenuto il giorno prima e i fanti del 225° Reggimento Fanteria della Divisione “Gran Sasso”, schierati, gli avevano addirittura reso gli onori, presentando le armi e gridando “presente” al pronunciare del suo nome.

In realtà era solamente gravemente ferito: ha sofferto anni di ospedale con stoico eroismo (non c'era la morfina), ma i dolori dello spirito, vissuti con profonda dignità (la morte prematura del figlio con tre rampolli bambini e la malattia della figlia) e infine la morte della moglie Valchiria, compagna fedele di tutta una vita (ben 64 anni di matrimonio), non avevano intaccato il suo spirito ironico e il suo sorriso sulle vicende della vita.

Lucido fino all’ultimo, giovedì sera a chi lo ha salutato con la solita  frase “nonno, ci vediamo domani”, ha risposto: “Se non mi trovi, sai dove sono”.

La sua ironia, la sua grande memoria storica e soprattutto il suo affetto lasciano un vuoto incolmabile per tutti coloro che lo hanno conosciuto ma soprattutto per chi gli è stato vicino nella vita di ogni giorno: Maurizio, Marco, Alessandra, Cristian, Maria Teresa, Donatella, Claudio, Giuliana.

Ciao Nonno!


Laura Borgognoni


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