“Non sono affatto d’accordo con l’idea di fondo del Piano Casa presentato dal Governo. Credere che ci siano troppi vincoli legislativi e poche casa è una convinzione erronea e liberalizzare la costruzione di nuovi edifici è una cura inefficace che non risolve i problemi basilari dell’edilizia italiana”. È questa la convinzione di Paolo Henrici De Angelis, architetto viterbese, da sempre attento anche ai risvolti ambientali e sociali dell’urbanistica.

“È vero piuttosto che ci sono piani regolatori mal funzionanti, che viviamo in città non prive di case, ma con edifici inadeguati, città circondate da un territorio devastato, in cui mancano servizi fondamentali come i trasporti. Se il costruito presente nel centro storico è spesso la parte più moderna e funzionante, tutta l’edilizia costruita negli anni ’50 e ’60 manca della coibentazione che favorirebbe il risparmio energetico e della messa in sicurezza sismica. Il Piano Casa, anche dal punto di vista economico, non ha funzionato perché negli ultimi due anni ha ingenerato poche migliaia di interventi e non vale la convinzione del governo che le regioni abbiano posto troppi vincoli. Anche la recente scelta dell’amministrazione Polverini, di liberalizzare maggiormente la costruzione di nuovi edifici, non risolve nulla e si configura come la cura sbagliata a una questione di cui non si è messo a fuoco il nocciolo. Costruendo più case non si abbassano i costi, determinati da una serie di strozzature dell’offerta, né si avvantaggia la popolazione, gran parte della quale, pendolari in primis, è costretta a delle condizioni di vita paragonabili ai primordi della rivoluzione industriale per il problema dei trasporti, strettamente connesso a quello abitativo nel Lazio”.

L’architetto Hernrici, per molti anni impegnato anche sul versante ambientale, come Presidente della Riserva di Nazzano-Tevere Farfa, la più vecchia area protetta del Lazio, indica anche le reali soluzioni, affermando che l’attenzione di amministratori e operatori dovrebbe preservare il territorio, puntando sulla pianificazione piuttosto che sulla deregulation a cui si ispira la norma regionale, principio che in ultima istanza riposa sull’idea berlusconiana della totale libertà di ognuno a casa propria. “Non ampliare le abitazioni, mossa che aiuta poche persone e non si configura come un’opportunità reale per l’edilizia e l’economia, ma far ripartire l’edilizia economica popolare, innanzi tutto attraverso la riqualificazione del già costruito e l’implementazione dei servizi già esistenti, come le strade, di cui ciascuno di noi – pensiamo alla Cassia – sperimenta quotidianamente l’inadeguatezza. Espandere la città, al contrario, implica anche l’aumento dei costi della città e destinare ad uso abitativo aree precedentemente assegnate ai servizi, degrada ulteriormente aree già carenti di strade e di verde pubblico. Spesso ci si scontra anche con l’effettiva non volontà delle amministrazioni di far rispettare dei piani regolatori già di per sé inadeguati e la nuova normativa mette a repentaglio aree protette, come il Parco di Veio, che per la loro collocazione strategica sono sotto la costante attenzione di imprenditori disposti a tutto pur di costruire”.

Il problema dell’edilizia va ragionato su base regionale, soprattutto attraverso una pianificazione oculata che, già dal 2000, avrebbe dovuto concepire Viterbo come una New Town di Roma, la capitale con il territorio più vasto d’Europa, ultimando il raddoppio della linea Roma-Viterbo e decurtandone i tempi di percorrenza e non permettendo l’urbanizzazione indiscriminata di un’onnipresente periferia che ormai si estende da La Storta a Bracciano, quasi senza soluzione di continuità.

Le aree protette, preservate dalla legge Galasso, sono state uno dei pochissimi baluardi contro la cementificazione e indebolire questa legge attraverso la declassazione di circa cento fossi nell’intera regione è un altro grave errore compiuto dalla Giunta Polverini perché agevolerà le alluvioni o il dissesto idro-geologico: colmare un fosso e costruirci sopra una casa o una strada, implica necessariamente l’impermeabilizzazione di una superficie e quindi impedisce la corrivazione delle acque, come è accaduto in casi come quello dell’alluvione di Firenze. Di contro non è stato ancora approvato il piano territoriale-paesistico previsto dalla 431/85, una grande opera di pianificazione realizzata dalla Regione e allo stesso tempo un documento che pone precisi e necessari vincoli, scomodi per gli interessi economici, ma sicuramente indispensabili per la preservazione del territorio.

Simone Casavecchia

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