Ineccepibile Sergio Marchionne quando dice: “abbiamo il dovere di stare al passo con i tempi e di valorizzare tutte le nostre attività. […] Se al referendum vincono i no, non faremo alcun investimento. […] Abbiamo bisogno di libertà gestionale". Marchionne, piaccia o no, fa il suo mestiere: ‘produttivita’ uber alles’ perche’ lo chiede la ‘globalizzazione’, l’evento moderno. Che tanto moderno non e’: cos’erano le compagnie del ‘600 che si raggrupparono nel cartiglio ‘Compagnie delle Indie’ per organizzare i traffici commerciali in giro per il mondo? O i finanziatori delle Crociate? Non si usa il termine capitalismo ma ‘la dura legge del mercato globale’ che, in barba all'art. 3 della Costituzione che parla di "….pieno sviluppo della persona umana", non riconosce lavoratori e lavoratrici come ‘esseri umani’, al piu’ ‘esseri giuridici’ e numeri.
Negli stabilimenti Fiat-Chrysler si lavorera’ di piu’, piu’ intensamente, con pause ridotte al minimo ma con l’assicurazione del posto e qualche centinaia di euro in piu’ in busta paga. Niente di nuovo da parte dell’imprenditoria refrattaria a qualsiasi idea di programmazione e pianificazione delle risorse: o ‘la forza produttiva del lavoro’ di ieri o ‘la produttivita’’ di oggi, la strada e’ rendere il lavoro un ‘feticcio’ per cui, con tanti saluti all’alienazione, in un certo lasso tempo bisogna produrre un certo numero di auto.
Produttivita’ ‘uber alles’, scambio tra piu’ lavoro, meno pause, meno tutele, meno diritti e posto certo con qualche centinaia di euro in piu’. Niente di nuovo da parte dei sindacati: sia da coloro che in nome del pragmatismo accettano lo scambio posto certo e qualche centinaia di euro in piu’ ma meno diritti e tutele, sia della ‘avanguardia’, la Fiom, le cui contro-proposte hanno ben poco di ‘innovazione’, niente di ‘rivoluzione’, e molto di ‘conservazione’, di rigida difesa delle ‘posizioni di rendita’ o altrimenti di ‘pronto uso’, all’occorrenza, per miseri distinguo politici o di componente, magari per impallinare il Pd di Pier Luigi Bersani.
Costituire associazioni vicine alla Fiom di Maurizio Landini che dice, uno dietro l’altro, ‘No’ al confronto sul piano Machionne, ‘No’ alla ‘firma tecnica’ proposta dalla ‘riformatrice’ Susanna Camusso per tenerla in gioco, ‘No’ al rispetto dell’esito del Referendum dei 5500 lavoratori aventi diritto, che altro e’ se non rimettere in scena la commedia dei ‘duri e puri’ che ha prodotto piu’ disastri che non cambiamenti reali nel modo di lavorare, nella distribuzione delle ricchezza, nella crescita della qualita’ della vita, lasciando che vada avanti l’idea che i lavoratori non sono esseri umani ma solo esseri giuridici e numeri?
Che sbocco puo’ avere il fronte comune tra la Fiom di Landini e ‘l’eroe di Tangentopoli’ Antonio Di Pietro e il ‘poeta’ di Terlizzi, Nichi Vendola, se non quello di impedire ogni ‘ricerca’ di soluzione che tenga in campo la Fiom? A leggerla piu’ in profondita’ potrebbe essere non ‘la mossa del cavallo’ per tentare una ricucitura ma la mossa per affondare la ‘riformatrice’ Susanna Camusso e indirettamente il leader del Pd, Bersani. Messe cosi’ le cose, nessuna ‘via d’uscita’? No, una ‘via d’uscita’ c’e’ come accaduto in passato. Solo che passa per l’adesione ad un modello che rifiuta ‘il massimalismo’ e si cimenta sul ‘riformismo rivoluzionario’ per cui da ‘riformare’ e in profondita’ e’ ‘il capitalismo’, da eliminare sono le rendite, i parassitismi, i monopoli, assumendo il lavoro e l’occupazione come ‘assi centrali’ dello sviluppo e della crescita quantitativa e qualitativa del sistema: non e’ detto che “star meglio” equivale “ad aver di piu’”, che il benessere sia “consumare di piu’” e non invece “consumare diversamente”.
E non e’ detto che in un sistema capitalitastico non ci sia spazio e possibilita’ per “lavorare meno ma lavorare tutti”, per lavorare, insomma, otto ore al giorno per tre-quattro giorni la settimana ed aver il resto del tempo a disposizione per se stessi, per accrescere il proprio bagaglio di sapere e di conoscenza, per far l’amore. Che altro significato hanno avuto, a suo tempo, le 150 ore di formazione continua introdotte nel primo contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici del 1969, per merito di un incallito ‘riformatore’ come Bruno Trentin, se non ridurre l’alienazione del lavoro e permettere alle persone di accrescere il proprio patrimonio culturale? Che altro significato ha avuto lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori del 1970 se non riconoscere al lavoratore dignita’ di persona umana? Si vuole far tesoro o no della drammatica sconfitta alla Fiat del 1980, quando si penso’ di poter passare con i picchetti ai cancelli di Mirafiori, forma di lotta criticata aspramente da Trentin che fino all’ultimo cerco’ di tessere le fila di accordo possibile con Corso Marconi reso impossibile dal ‘sandinista’ Claudio Sabattini?
A chi pensa ancora al socialismo come ‘progetto possibile dell’uomo’ e tiene a mente l’Utopia di Riccardo Lombardi di “una società diversamente ricca" da costruirsi perche’ si arrivi ad una "società che riesca a dare a ciascun individuo la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita", non sfugge che, per dare il giusto nome alle cose, è il "capitalismo" il sistema da riformare dalle radici, introducendo, per un verso, elementi di "democrazia industriale" e per l’altro la programmazione e la pianificazione come strumenti di gestione delle risorse. Lombardi lo diceva molto lucidamente: la programmazione da parte delle forze politiche, dello Stato, del Governo “presuppone un avversario, un interlocutore che sia a sua volta capace di programmare, che ragioni di orizzonti ampi, che eviti la logica del giorno per giorno”. Una via d’uscita, dunque, c’e’: basta mettersi alle spalle quanto e’ fallito e riprendere con coraggio e generosita’ quanto attende ancora di essere realizzato, attuato e certamente migliorato sulla imprescindibile ‘realta’ umana’.