Quando ero molto giovane e studiavo alla scuola di Aristotele ci insegnavano a tirare le conseguenze.
Roba cosi':
- Se tagli la testa a un uomo?
- Lo uccidi.
- Bravo.
- Grazie.
Era una buona scuola.
Temo che il sindaco di Viterbo non l'abbia frequentata. Ed e' un peccato.
Se l'avesse frequentata avrebbe probabilmente appreso che se a una persona ridotta a un'estrema poverta' e' proibito persino di chiedere l'elemosina, e' proibito persino di svolgere piccoli servizi come lavare i vetri delle automobili, e' proibito insomma chiedere aiuto a passanti disposti a darglielo, tra le possibili conseguenze vi sono anche - non solo, ma anche - le seguenti: che quella persona muoia di fame e di stenti nell'abbandono; o anche che quella persona cerchera' altri modi di procurarsi di che vivere - meno fiduciosi nell'altrui benevolenza, anzi.
Cosicche' il provvedimento del Comune di Viterbo, come di altri Comuni parimenti insensati, che proibisce a chi e' nel bisogno di chiedere aiuto, ha tra le sue possibili conseguenze il decesso della vittima, o il suo passaggio al crimine.
Alla scuola di Aristotele lo spiegavano. A quella di Roy Bean evidentemente no.
Rinnovo quindi la richiesta della revoca di quella assurda e ignobile delibera che proibisce la carita'.
Sia revocata quella delibera sciagurata: se non per umana sensibilita', per un mero calcolo utilitario: rischiare di indurre delle persone disperate al crimine per poter sopravvivere non e' una buona politica amministrativa.
Peraltro, sempre a quella scuola, ed a molte altre degne di questo nome, si spiegavano i due concetti seguenti, che mi sembrano ancora degni di meditazione.
I. Che un essere umano chieda aiuto a un altro essere umano e' un diritto.
II. La solidarieta' e' il fondamento della civilta'.
Peppe Sini, cittadino viterbese
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