Civitavecchia - A distanza di un anno dal tragico assassinio di Cheikh Mory Diouf torniamo ancora a manifestare alla città di Civitavecchia il nostro sdegno, la nostra inquietudine, il nostro dolore per quanto accaduto.
Non possiamo dimenticare l'assurdità di una vita spezzata in questo modo, con il gesto vile di una violenza che non ha nome.
La dura realtà dei fatti ci impone di non dimenticare.
Ce lo impongono i sei figli di Diouf rimasti orfani in Senegal, senza una chiara prospettiva di vita, spogliati dell'affetto del padre, oltre che delle risorse necessarie a una vita dignitosa, che il lavoro in Italia di Diouf poteva garantire loro.
Ce lo impongono le condizioni di milioni di migranti in Italia, tesi alla ricerca di migliori prospettive esistenziali, costantemente frustrate e negate da una società che dimentica sempre più il sacro dovere dell'accoglienza e mostra, invece, il volto duro dell'arroganza e dell'intolleranza.
Ce lo impone l'ingiustizia insopportabile di un'avventura migratoria, come quella condotta da Diouf, iniziata sotto i migliori auspici di una vita laboriosa e spezzata assurdamente con il rientro in patria all'interno di una bara.
Vogliamo tornare a raccontare chi era Diouf, quali erano le sue aspirazioni, in che modo sognava, pur partendo da un contesto difficile come quello africano, di garantire un futuro a sé e alla propria famiglia.
Chiediamo alla città, che ha già fatto tanto per Diouf, sia quando era in vita, sia dopo la sua drammatica scomparsa, di continuare insieme a noi a ricordare la sua esistenza di migrante e a mantenere desta l'attenzione sulla vicenda processuale ancora in corso affinché venga fatta giustizia.
Chiediamo alle Istituzioni cittadine di ufficializzare la necessità di questo ricordo, chiediamo che alla memoria di Cheikh Diouf venga dato un riconoscimento pubblico, con l'intitolazione di una via o di un altro spazio a uso comune.
La comunità Senegalese e la Civitavecchia Solidale
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