Civitavecchia (UnoNotizie.it)
Dopo la Corte di Cassazione è la volta della Corte Costituzionale. La sentenza storica stabilisce che Tarsu e Tia sono ufficialmente da considerarsi dei tributi, e pertanto non sono soggetti a IVA. La giurisprudenza in materia è perfettamente in linea con l’orientamento comunitario, stabilendo che il corrispettivo che i cittadini devono pagare per la raccolta e smaltimento dei rifiuti, è una tassa e non una tariffa: la tariffa di igiene ambientale (TIA) mantiene infatti la natura pubblicistica propria della vecchia Tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani (TARSU).
15 milioni di famiglie in Italia dovranno ora fare ricorso per ottenere il rimborso del 10% dell’Iva non dovuta e versata negli ultimi dieci anni. Sarà in media di circa 350 euro l’importo da rimborsare a famiglia per gli ultimi 10 anni. Un costo per lo Stato di circa 5 miliardi e 250 milioni di euro complessivamente.
Con la sentenza 238 dello scorso 24 luglio, la Corte Costituzionale e' stata molto esplicita: sia la Tarsu che la Tia non devono essere soggette ad Iva, perché non rappresentano un servizio dovuto a contratto ma una tassa che, di per sé, non si qualifica mai come corrispettivo di un servizio.
La sentenza e' importante e problematica:
- Importante perché mette dei punti fermi sulla dicotomia tra Tarsu (tassa) e Tia (tariffa) . Dopo che, con la legge 22/97, alcuni Comuni erano passati alla Tia, la situazione e' stata congelata e solo a partire dal 31 dicembre 2009 le amministrazioni comunali che lo vogliono possono passare dal sistema a tassa a quello a tariffa. La Corte Costituzionale ha però fatto piazza pulita della anomala similitudine tra tassa e tariffa che aveva una unica sostanza: l'aggravio fiscale per il contribuente.
- Problematica perché mette tutte le amministrazioni comunali e l'Erario con le spalle al muro: a ritroso di cinque anni, oltre i quali scatta la prescrizione, il contribuente può chiedere il rimborso di quanto pagato illecitamente.
Milioni e milioni di euro che sono transitati dalle amministrazioni locali e finiti allo Stato. Gli analisti della stampa specializzata già si aspettano particolari provvedimenti da parte dell'amministrazione statale ed evitare così questo bagno di uscite dai Comuni ai contribuenti e dall'Erario ai Comuni. Siccome si sa come vanno spesso a finire queste cose, non credo di essere eccessivo se intravedo all'orizzonte qualche mega-fregatura per i contribuenti tipo restituzione tassa sull'Europa: per esempio, tempi strettissimi per chiedere il rimborso in dispregio alle norme oggi vigenti sulle prescrizioni e con informazioni limitate e concentrate in periodi di bassa attenzione dei media (giorni festivi, il giorno dopo un cataclisma ambientale, etc.), rimborsi solo in parte percentuale e non complessivi e con relativi interessi e danni (come avviene nella società civile quando le contese sono tra privati), e altre amenità tipiche del bagaglio statuale quando si tratta di rimediare a ciò che hanno sbagliato.
A livello locale cosa può fare il cittadino in questo contesto? Una cosa e' fondamentale per mettere le mani avanti e dare valore legale da subito alla propria richiesta: mettere in mora la società di Servizi tramite una raccomandata A/R in cui citando la sentenza, si intima il rimborso del dovuto (anche in modo generico viste le difficoltà per i singoli a fare calcoli precisi), spese, interessi ed eventuali danni. Magari così facendo potremmo un giorno rientrare, se pur in parte, dei continui aumenti che ogni anno questa Società impone ai civitavecchiesi per un servizio che obiettivamente non giustifica tali aumenti. E dite pure che ve l’abbiamo detto noi.
Luca Crescentini
Responsabile per il Sociale
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