ROMA (UNONOTIZIE.IT) Si è conclusa la campagna olearia laziale 2008-2009 che ha visto come protagonisti circa 500 frantoi distribuiti secondo le seguenti percentuali: Viterbo 20%, Roma 31%, Rieti 15%, Latina 12%, Frosinone 22%. I risultati che abbiamo ottenuto sono, tutto sommato, soddisfacenti e in netto recupero rispetto ai deludenti esiti dell’anno precedente, come preannunciato da un’indagine dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), elaborata in collaborazione con le Unioni dei produttori. È opportuno ricordare che la produzione olivicola dello scorso anno si è contraddistinta per un’anomala fase climatica che ha causato un forte anticipo del calendario vegetativo, costringendo gli olivicoltori ad anticipare di circa due settimane le prime operazioni di raccolta e frangitura. Tutto questo, ovviamente, ha provocato un netto calo della produzione laziale, stimata ai 227mila quintali calcolati dall’Istat per l’anno 2007. Parliamo della situazione attuale, analizzando come le condizioni climatiche hanno influito sulle varie fasi del ciclo vegetativ se da una parte il clima primaverile ha permesso un’eccezionale fioritura, le abbondanti precipitazioni registrate nel mese di maggio, il livello di umidità al di sopra delle medie stagionali e gli intensi venti hanno compromesso un’eccellente allegagione. Gli impianti andati in contro alla fioritura a fine maggio hanno, infatti, subito maggiori danni rispetto a quelli collinari, fioriti invece durante la prima e la seconda settimana di giugno, ottenendo, così, un’allegagione migliore. La siccità estiva e le alte temperature hanno impedito un regolare sviluppo delle drupe determinando una minore resa. Il periodo autunnale è stato scandito da un’invaiatura di qualche giorno in anticipo rispetto al calendario stagionale causando, così, un eguale anticipo delle attività di frangitura. Le intense piogge registrate nel mese di dicembre hanno causato l’arresto delle attività di raccolta facendo, in questo modo, slittare le operazioni di frangitura di una decina di giorni, incidendo negativamente, in termini di qualità, sulle olive che si trovavano allo stato di invaiatura alla fine di novembre. Tutto questo ha provocato, inoltre, una minore resa in olio. Ciò nonostante si evidenzia come questa campagna si stia contraddistinguendo positivamente per un bassa incidenza dei patogeni determinata sia dal giusto andamento stagionale, scandito dal freddo invernale (che ha limitato lo sviluppo della fumaggine, patologia della pianta causata dallo sviluppo di funghi sulla melata prodotta da infestazioni di cocciniglie) e dal periodo siccitoso con alte temperature estive (che ha quasi annullato l’azione della mosca) sia da un’efficace attività di monitoraggio operata dai produttori. Se scendiamo nel dettaglio si può constatare come all’interno del Lazio e degli stessi areali si verifichi una situazione a volte disomogenea dovuta alle differenze pedoclimatiche del nostro territorio e, ahimè, all’alternanza produttiva: il cosiddetto fenomeno “carica” e “scarica” che, sebbene ancor presente, negli ultimi anni, ha fatto registrare un calo grazie alla potatura annuale e alle moderne tecniche agronomiche.
a.r.
Le Dop del Lazio L’odierna produzione olearia laziale è il frutto di tradizioni secolari diffuse su tutto il territorio regionale, come testimoniano le tre Dop: - “Canino”, riconosciuta con Reg. CE n°1263/96, prevede l’utilizzo delle seguenti cultivar: Caninese e cloni derivati, Leccino, Pendolino, Maurino e Frantoio, presenti da sole o congiuntamente fino al 100%. Possono, altresì, concorrere altre varietà in misura non superiore al 5%; - “Sabina” è stata riconosciuta con Reg. CE n°1263/96, è ottenuta dalle varietà, presenti da sole o congiuntamente per almeno il 75%, di Carboncella, Leccino, Raja, Pendolino, Frantoio, Moraiolo, Olivastrone, Salviana, Olivago, Rosciola. È data la possibilità, fino ad un massimo del 25%, di aggiungere altre varietà; - “Tuscia”, riconosciuta con Reg. CE n°1263/96, deve essere prodotta dalle olive delle varietà Frantoio, Caninese, Leccino, presenti per almeno il 90%, da sole o congiuntamente, nei singoli oliveti. È ammessa la presenza, in percentuale massima del 10%, di altre varietà.
a.r.
L’Europa e le Dop L’Europa, che negli anni si è arricchita di altre realtà territoriali arrivando ad essere un unione di 27 paesi, si presenta come un territorio variegato per l’ambiente naturale che lo circonda e per le diverse tecniche agricole consolidate da secoli. L’enogastronomia europea è l’espressione di questo ambiente naturale, degli usi e costumi delle popolazioni che la compongono. Questo panorama ha portato l’UE, già all’inizio degli anni ’90, ad emanare normative relative alla protezione dell’origine dei prodotti agricoli ed alimentari al fine di salvaguardarne sia il legame che intercorre tra un’areale di produzione e il prodotto sia l’utilizzo di ingredienti e metodi tradizionali di produzione. I prodotti a denominazione, perciò, permettono al consumatore di acquistare un alimento garantito sin dall’origine.
Andrea Russo
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