In continuità con il primo, di mercoledi 12 Dicembre 2018, s’è svolto, mercoledi 30 Gennaio 2019, presso la Biblioteca Nazionale di Roma, il secondo appuntamento, a cura dell’OdG, sui nuovi sistemi editoriali nell’era della digitalizzazione.
Introdotto da Carlo Verna, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, coordinato da Mario Fatelli, capo redattore centrale web e social media TGR Rai, l’incontro ha sancito, riaffermandolo, l’obiettivo conduttore di un ciclo formativo che vuole l’introduzione di laboratori come cantieri dove formare una generazione di giornalisti critici, atti ad affrontare un sistema in cui “i dati non dormono mai”.
“Siamo sicuri di conoscere ciò di cui stiamo parlando?”, ha affermato provocatoriamente, con notevole scuotimento dei partecipanti, molto più numerosi della prima volta, Walter Quattrociocchi, ricercatore in Data Science all’Università ‘Ca Foscari di Venezia.
Si tratta, infatti, di tendenze, non di spiegazioni scientifiche. Le quali richiedono altra attenzione e criterio di analisi.
I dati si presentano polarizzati all’interno di Echo Chamber, in sezioni narrative, legate non da una comune informazione oggettivamente misurabile, bensi’ da gruppi d’interesse che procedono in contrasto, ignorandosi, od insultandosi. Chissà che-citando una nota first lady americana-non sia arrivato il momento di fermarsi ad ascoltare l’avversario, scoprendo che magari ha ragione.
Un vigoroso richiamo all’ascolto, all’attenzione, ed all’uso della voce, ha caratterizzato l’intervento di Adriano Fabris, docente di Filosofia morale all’Università di Pisa.
L’attuale cambiamento, di natura epocale, esige un cambiamento del nostro ruolo, rivolto a un’inversione. Dalla comunicazione come mezzo, all’ambiente, o contesto, dove a fungere da mediatore sia l’autorevolezza, e non il mezzo. Non importa se le redazioni dovessero assottigliarsi, virtualizzandosi, se questo è vero in tutte le professioni che dovrebbero essere fatte ‘più coi piedi che col fondo-schiena’: da quella del giornalista, al medico, per non parlare del commercialista che con i dati opera eminentemente.
Ricominciamo, ha esortato Adriano Fabris, disambiguizzando i termini: non confondiamo competenze e contenuti, condivisione con partecipazione. Soprattutto, distinguiamo tra autorevolezza ed autorità. Il venir meno della gerarchizzazione , fondata sull’autorevolezza, non conduce a democrazia, bensi’ al peggiore dei fondamentalismi: quello de “La verità sono io”. La più grande bufala odierna è quella che vorrebbe sostenere che la gente non ha bisogno di story telling. Cosi’ come occorre tener conto che la verità non è polare, bensi’ una struttura a tre: io; l’altro; i contenuti.
“Per questo-ha provvisoriamente concluso Fabris-la situazione non va considerata come una fatalità”. Basta pensare che dietro ogni struttura, più o meno grande, comprese le piattaforme digitali, c’è l’uomo.
Quello che interessa, tuttavia, ha chiarito con foga Michele Mezza, coordinatore dello scorso evento, invitato ad intervenire da Fatello, ciò che preme, alla fosca luce dei licenziamenti di giornalisti, massicci negli Stati Uniti, incombenti in Europa e da noi, è misurare la possibilità del giornalista di interagire con questo mondo digitale.
La parola chiave del dibattito, molto acceso, è stata negoziazione. Come e in quale misura, sia essa possibile e fattibile. Tra pessimismo, scetticismo, possibilismo, ed altro, vogliamo ricordare il monito del professor Fasbris a non lasciarsi andare. A non voler lasciarsi trasportare dalla corrente dell’acquiescenza, a nuotare, al contrario, in libertà e con responsabilità, sapendo che l’origine è sempre qualcosa di umano.
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