Lo Stato investe le briciole, le Regioni fanno altrettanto. Risultato: il servizio ferroviario pendolare è allo sbando. Alle carrozze vecchie e sovraffollate, ai ritardi e ai disagi che spesso caratterizzano il viaggio in treno dei pendolari si aggiunge ora il rischio concreto di veder tagliare diverse linee. Manca perfino il nuovo orario, quello che dovrebbe entrare in vigore il 14 dicembre e che per la prima volta Trenitalia non ha stampato perché tuttora non in grado di stabilire quali e quanti mezzi ci saranno a disposizione. Come è possibile che a fronte di un sostanzioso aumento della domanda pendolare, i servizi diminuiscano? Come si spiegano i quotidiani disagi di chi si muove in treno verso le principali città italiane?
Le ragioni le troviamo in un Rapporto di Legambiente presentato oggi a Roma nell’ambito della campagna Pendolaria. L’iniziativa ha visto, tra gli altri, la partecipazione dell’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, del Ministro dell’Ambiente del Governo ombra del PD Ermete Realacci, del presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, degli assessori ai trasporti delle Regionali Campania Cascetta, Emilia Romagna Peri, Piemonte Borioli, e di decine di comitati pendolari da tutta Italia.
Sono 14 milioni le persone che, secondo il Censis, si spostano ogni giorno per motivi di lavoro o studio verso le principali città - un processo esploso negli ultimi due decenni e in rapida e costante crescita - eppure gli investimenti per il servizio ferroviario pendolare da parte dello Stato sono fermi da anni. Nella Finanziaria in corso di approvazione alla Camera mancano all’appello almeno 400milioni di Euro per garantire i servizi essenziali e scongiurare il taglio di linee frequentate da migliaia di persone ogni giorno. E’ stata perfino abolita la detrazione per gli abbonamenti al servizio pubblico introdotta dalla Finanziaria 2008. Stessa situazione sul fronte Regioni: l’ammontare degli stanziamenti per il servizio (ossia il contributo a Trenitalia o agli altri concessionari per avere più treni in circolazione) e per l’acquisto di nuove carrozze non arriva in nessun caso allo 0,4% del bilancio regionale. E’ un amara constatazione, il trasferimento dei poteri in materia alle Regioni, sta fallendo per mancanza di attenzioni e risorse. Inoltre sia lo Stato che le Regioni continuano a investire a vantaggio del trasporto su gomma: a differenza della spesa per il servizio ferroviario quella per le infrastrutture non è stata ferma in questi anni. Decine di miliardi di Euro sono stati stanziati per opere della Legge Obiettivo, e a leggere i dati di quanto e cosa è stato finanziato dal 2002 al 2008, sembra emergere una precisa strategia della mobilità: far crescere il traffico su gomma in Italia nei prossimi anni perché i finanziamenti da parte dei Governi che si sono succeduti in questi anni hanno premiato per oltre il 70% gli investimenti in strade e autostrade. E la discussione in atto proprio in questi giorni sulle priorità infrastrutturali vede ai primi posti il Ponte sullo Stretto - con 6 miliardi di euro di spesa previsti, cioè proprio quanto costerebbe il progetto annunciato e mai realizzato dei nuovi 1000 treni per i pendolari - le autostrade, l’Alta velocità ferroviaria. A mancare in quell’elenco sono proprio gli investimenti per le aree urbane e per il servizio ferroviario pendolare che evidentemente non sono considerati una priorità di intervento nazionale. Eppure, in un periodo difficile come questo, la possibilità di spostarsi utilizzando i mezzi pubblici potrebbe essere di aiuto per tante persone, con una diminuzione di spesa di circa 150 euro al mese (200 euro è la spesa stimata per chi si muove in auto, 40-50 per chi usa il servizio collettivo) che consentirebbe di vivere con un po’ più di tranquillità oltre che di migliorare sensibilmente la propria qualità della vita.
“La nostra mobilitazione vuole dare voce a un’alleanza di cittadini, associazioni, comitati che si battono per un interesse generale – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –. In un periodo in cui sembrano venire al pettine i nodi di una crisi economica, energetica e climatica globale, un forte rilancio del trasporto ferroviario pendolare rappresenta una scelta lungimirante, che incrocia nuove domande, offre una risposta concreta ai bisogni dei cittadini e insieme guarda al futuro delle città italiane. Perché offre la possibilità a centinaia di migliaia di persone che oggi sono obbligate a muoversi in macchina di scegliere il treno, migliorando così la qualità della vita e diminuendo congestione e inquinamento urbano. Anche la riduzione delle emissioni di CO2, la realizzazione degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e del nuovo Pacchetto Energia e Clima dell’UE al 2020 passano inevitabilmente dalla mobilità urbana come pure – conclude Cogliati Dezza - l’ambizione di avere condizioni di mobilità degne di un Paese moderno”.
L’Italia si sa, sconta anche le conseguenze del suo ormai leggendario ritardo infrastrutturale rispetto agli altri paesi europei. “ Ma attenzione – ha sottolineato Edoardo Zanchini, responsabile trasporti di Legambiente – perchè i ritardi rispetto agli altri Paesi europei non sono omogeneamente distribuiti. Le situazioni più gravi riguardano proprio le aree urbane e in particolare le metropolitane - dove, con soli
Nessuno è esente dalle responsabilità per la situazione di crisi del trasporto ferroviario pendolare in Italia. Né Trenitalia che continua a guardare con un occhio di riguardo le tratte nazionali commercialmente più vantaggiose, né i Governi nazionali e regionali per come hanno investito, pochissimo, in questi anni sul trasporto ferroviario e invece finanziato strade e autostrade. Basti dire che la spesa regionale per le infrastrutture ha visto premiare nel periodo 2002-2008 per circa l’84% gli investimenti a favore delle strade, mentre alle ferrovie e alle metropolitane sono stati destinati rispettivamente il 10,57% e il 5,53% del totale. Tra le Regioni è
E’ necessario – conclude il dossier di Legambiente – che il tema del trasporto pendolare entri nell’agenda delle politiche nazionali e segua alcune priorità di intervento per recuperare i ritardi. C’è bisogno di maggiori risorse: bisogna uscire dalla logica dell’emergenza per cui ogni anno si insegue
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