Ultime news - UnoNotizie.it - Il cosiddetto «Piano Futuro» varato dall'azienda maggiormente coinvolta nel dieselgate punta a superare la crisi attraverso una riduzione dei costi di 3,7 miliardi l'anno. Come? Tagliando 30 mila posti di lavoro entro il 2020.
Secondo Avvenia (www.avvenia.com), il player italiano leader della white economy, la vicenda non riguarda solo un colosso del settore automobilistico mondiale ma continua a minare la credibilità di un intero sistema produttivo.
Così, 14 mesi dopo lo scoppio del dieselgate, Avvenia traccia un bilancio, mettendo in evidenza come la manipolazione dei dati da parte di una delle case produttrici più prestigiose del mondo ha aperto un vaso di Pandora in un settore che ormai da anni punta sulla sostenibilità ambientale come modello di business.
In questi 14 mesi cosa è cambiato? Non molto. La casa automobilistica maggiormente coinvolta nella vicenda ha effettuato il richiamo del 33% delle auto interessate alle modifiche tecniche, ma poi solo una vettura su 3 è stata effettivamente portata in officina e della vicenda che Avvenia definisce come «lo scandalo energetico del decennio» non se ne parla più di tanto.
Eppure su strada le auto diesel di nuova generazione producono 22 volte più particolato e 4 volte più biossido di azoto rispetto ai motori a benzina.
«Le case produttrici hanno potuto costruire motori che realizzano emissioni basse alle condizioni previste dalla normativa europea, ma che poi in condizioni di uso normali producono un maggiore livello d'inquinamento» commenta l'ingegner Giovanni Campaniello, fondatore e amministratore unico di Avvenia.
Insomma, secondo Avvenia i dati di laboratorio possono poi non corrispondere con le prestazioni reali, con emissioni da ossidi di azoto che «sul campo» superano il limite consentito e con forti dubbi sulla reale efficacia dei filtri antiparticolato.
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