Italia, ultime notizie ROMA – www.unonotizie.it – Reso noto in questi giorni il rapporto dell’OCSE relativo all’anno 2012 per la scuola e l’educazione. Il documento prende in esame le principali caratteristiche della scuola italiana e riesce a tratteggiare una “fotografia” di questa istituzione che si rivela poco confortante: sono molti, infatti, gli aspetti che fanno dell’Italia un paese poco lodevole nel settore dei servizi all’istruzione.
Gli aspetti che sono stati maggiormente criticati riguardano l’età media degli insegnanti, troppo alta rispetto alla media europea, così come l’ammontare del loro stipendio, troppo basso se confrontato con quello dei colleghi degli altri stati dell’Unione. A ciò si aggiungono degli investimenti insufficienti nel settore della scuola e delle tasse troppo alte, soprattutto in campo universitario.
Se si vanno ad analizzare in modo più approfondito le cifre del rapporto OCSE, si scopre che in 19 dei 32 paesi membri il 60% dei docenti di scuola secondaria ha almeno 40 anni. In Italia invece, insieme a Austria, Repubblica Ceca, Estonia e Germania, sono oltre il 70%. Gli insegnanti under 30 nel nostro paese sono meno dello 0,5% in tutti i gradi di scuola, contro una media Ocse che arriva al 14% nella scuola primaria (nel Regno Unito sono addirittura il 31,7%).
In Italia la parte più consistente di insegnanti si colloca nella fascia 50-59 anni: i professori con questa età sono il 39,3% alla primaria, il 50% alle medie, e altrettanti alle superiori. Nella scuola secondaria la quota di over 60 sfiora il 10%. E anche gli under 40 scarseggiano. Sono il 16,6% alla primaria, l’11,6% alle medie, il 7,9% alle superiori.
L’Italia investe il 4,7% del proprio Pil in istruzione contro una media Ocse del 5,8%. Nel corso degli anni la quota di Pil investita in questo settore è solo leggermente aumentata nel nostro paese, mentre è in calo, fra il 2000 e il 2010, la percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione: passa dal 9,8% al 9%. Questo dato ci colloca al secondo posto fra i paesi con la spesa pubblica più bassa per l’istruzione dopo il Giappone.
In Italia cresce anche il rapporto studenti/docenti per effetto dei tagli e delle riforme del governo Berlusconi. Si hanno 11,8 studenti in media per docente alla materna, 11,3 alla primaria, 12 considerando insieme le medie e le superiori.
E gli stipendi dei docenti restano fra i più bassi d’Europa, con il massimo dello stipendio che arriva dopo 35 anni di lavoro. E anche raggiunto l’obiettivo si resta sotto la media degli altri stipendi: 39.762 dollari in Italia, oltre 45.000 mediamente negli altri paesi.
L’Italia, poi, si colloca ai primi posti fra i paesi non anglosassoni per livello delle tasse universitarie. E il sostegno dello Stato a chi vuole studiare scarseggia: l’82% degli studenti non gode di nessun beneficio. Forse, però, il dato più allarmante e inedito è quello relativo all’ereditarietà del titolo di studio.
Soprattutto i dati relativi alle tasse universitarie permettono di comprendere come sia sempre più a rischio nel nostro paese, l’effettivo rispetto dell’articolo 34 della Costituzione. Sempre meno in Italia lo Stato si fa garante degli “ultimi” e non riesce, di fatto, a livellare le differenze economiche e sociali, garantendo ai più meritevoli di accedere ai gradi più alti dell’istruzione.
A conferma di ciò è possibile prendere in esame l’iter formativo di chinasce in famiglie con redditi poco elevati e con genitori che possiedono bassi titoli di studio. Queste persone hanno di fatto scarse possibilità di avere un lungo percorso scolastico: il 44% di giovani 25-34enni i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria superiore, ad esempio, fa la stessa fine, si ferma alle medie.
I dati contenuti nel rapporto dell’Ocse evidenziano la necessità che si attuino interventi che migliorino realmente la situazione della scuola italiana. L’attenzione dovrebbe essere maggiormente rivolta, non solo sugli elementi messi in luce dall’OCSE, ma anche sullo studio di cambiamenti di carattere strutturale nel mondo della scuola: il sistema formativo dovrebbe essere sempre meno soggetto a soddisfare esigenze legate alla crescita economica, per concentrarsi invece sulle reali esigenze degli studenti.
All’apertura di molte scuole, avvenuta in questi giorni, ad esempio, molti edifici si sono ritrovati in possesso di lavagne multimediali che certamente favoriranno l’alfabetizzazione informatica dei discenti, sebbene, allo stesso tempo, gli stessi istituti si siano ritrovati a fronteggiare problemi che sono gli stessi da anni, come le strutture fatiscenti e la mancanza di materiale igienico-sanitario e di cancelleria. Per questo se di cambiamenti bisogna parlare, è necessario attribuire delle fondamentali priorità e, puntare, nel breve periodo, a destinare maggiori risorse al mondo della scuola e dell’università, senza trascurare un necessario svecchiamento della professionalità docente in Italia.
Simone Casavecchia