Era tempo che in testa si combinavano immagini del sud america assorbite dall'informazione che mi raggiungeva e quelle che i sogni dei miei pellegrinaggi mi mettevano davanti per dar forza alle mie intenzioni e far loro apprendere un linguaggio concreto e realizzativo.
Ho cominciato subito a crederci e a supporre che tante ore di riflessione solitaria, tante letture, tanti sforzi fossero un'ttima ragione per meritare la vita dei sogni...
Questo "viaje" si è rivelato felicemente un sogno vissuto! Quasi due mesi a inventarmi una carretera sur americana capace di illustrare la meravigliosa povertà del continente più buono e affabile che s'affacci fra gli oceani della nostra Terra.
Quasi due mesi dei quali già sapevo che al rientro mi sarebbero mancate per sempre le storie latinoamericane, quelle già intuite anche dai diari del Che Guevara e di Alberto Granado e che avevo ascoltate sulla pelle donandomi in ogni silenzio alla geografia straniera che mi ha cullato per tutti quei giorni. La prima cosa che ho fatto è stato disegnare tante volte una carta geografica, una mappa dei sogni, le mète del vagabondo consapevole e informato.Sentivo di capire, per mia splendida indole d'alte quote, il linguaggio Chequa degli antichi Incas e tutte le immagini che derivavano bellezza dai concetti di verticalità e rarefazione.
La dolcezza della montagna più alta risiede nel significato profondo di rappresentare il punto più vicino al cielo, il malinconico gradino da dove provare ad accarezzare la stella volata in cielo dall'ultimo respiro di ogni nostra mamma.
Così ogni vetta delle Ande diventa la nostra e sembra umana, materna, più d'ogni altra montagna.
Ero a Pisac (foto a fianco), un sito archeologico incaico e ascoltavo quasi ad occhi chiusi una guida originaria della Valle Sacra del fiume Urubamba.
Ne conservo gelosamente e con sorprendente facilità il tono caldo della voce e l'esclusiva dei racconti.
Abbiamo parlato in due, senza nessun'altra presenza. E' stato bellissimo capire le Ande e vedere al termine delle sue parole anche un condor non faunistico, enormemente simbolico.
Avevo lasciato a casa alla partenza, per i miei genitori, un triangolo di ardesia "rubato" durante il tentativo di un'ascensione al monte Bianco, su cui avevo dipinto un condor in volo!
Quello lungo la carretera sur americana, era nato come un viaggio giusto! (vai alla seconda parte) Simone Chiusaroli
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