Dopo due secoli di silenzio la cantata celebrativa settecentesca Inno al Sole, nata dall’incontro del genio di due artisti pugliesi ed eseguita per la prima volta a Napoli alla corte dei Borboni, rivivrà nella Cattedrale di Molfetta. L’opera, composta dal celebre sopranista e compositore terlizzese Vito Giuseppe Villico, sul testo di un’ode dello scienziato-poeta molfettese Giuseppe Saverio Poli, è stata di recente ritrovata nell’Archivio Diocesano locale.
Sarà eseguita per la prima volta in tempi moderni sabato prossimo 14 novembre (alle 20.30) in uno straordinario concerto gratuito voluto da Giuseppe Poli, discendente diretto del celebre scienziato molfettese e suo omonimo. Canteranno i soprani Angela Nisi e Annamaria Belloccio con l’orchestra da camera “Nino Rota”, diretti dal maestro Antonio Magarelli. L’evento è realizzato sotto l’egida del Comune di Molfetta e l’Alta Adesione del Presidente della Repubblica.
Il libretto originale dell’opera sarà presentato alla stampa venerdì 17 novembre, presso l’abitazione privata di Giuseppe Poli in via San Domenico, 11 a Molfetta (nei pressi del porto peschereccio).
CENNI STORICI
Non è nota la data esatta di composizione dell’Inno, dal momento che né il testo né l’unico manoscritto musicale custodito presso l’Archivio Diocesano di Molfetta forniscono indicazioni utili in merito; tuttavia, analizzando le fonti testuali, è possibile ipotizzare che l’Inno, per due soprani e orchestra, sia stato composto nell’ultimo decennio del Settecento.
«Quel che è certo è che “Inno al Sole” propone l’ascolto di una cantata che rientra in un genere tipico della Napoli borbonica, la cantata celebrativa che conferiva solennità ad alcune felice ricorrenze pubbliche e private dei Borbone, quali matrimoni, nascite e alte date particolari. Spesso queste cantate fungevano da introduzione alle feste di corte» spiega il musicista Gaetano Magarelli che, con Giovanni Antonio del Vescovo, si è occupato della ricerca storico musicale legata all’opera.
«Non si tratta di una cantata concepita secondo la codificazione scarlattiana, con alternanza di arie e recitativi» spiega Magarelli. «Millico, piega la forma cantata alle esigenze del testo, rivestendo il testo poliano dell’abito musicale, dimostrando una magistrale quanto fluida vena melodica.»
- Uno Notizie Molfetta - Bari -
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