Il volo Japan Airlines 123 era un volo interno partito dall'aeroporto internazionale di Tokyo e diretto verso Osaka International Airport di Itami. Precipitò sul monte Takamagahara.
Le vittime furono 520, tutti i 15 membri dell'equipaggio e 505 dei 509 passeggeri.
L'aereo, un Boeing 747-SR6 (JA8119), decollò alle 18,12.
Circa 12 minuti dopo il decollo, mentre stava sorvolando la Baia di Sagami, una grave avaria del sistema di pressurizzazione posteriore danneggiò integralmente l'impianto idraulico. La depressurizzazione improvvisa fu esplosiva: gli stabilizzatori verticali e altre appendici aerodinamiche si staccarono e finirono in mare. Tutte e quattro le linee dell'impianto idraulico furono inutilizzabili e l'aereo era di fatto ingovernabile, cominciando a variare quota repentinamente, un comportamento tipico degli aerei senza controllo conosciuto come "phugoid cycle" (in italiano "delfinamento").
In pochi minuti passò da una quota di 13500 piedi a circa 7000. I piloti tentarono di controllare l'aereo con il solo ausilio dei motori: riuscirono a riportare il velivolo a 13000 piedi, ma poi ci fu un'altra discesa, improvvisa e incontrollabile, quasi in picchiata tra le montagne. L'ultimo contatto radar avvenne a 6800 piedi alle 18,56.
Le cause ufficiali del disastro, secondo la Japanese Aircraft and Railway Accidents Investigation Commission, sono da associare al coinvolgimento del velivolo in un incidente all'Osaka International Airport il 2 giugno 1978 che aveva danneggiato il dispositivo posteriore per controllare la pressurizzazione. Durante il decollo, a causa di un errore del pilota, la coda aveva toccato terra riportando gravi danni.
Le riparazioni furono mal eseguite dalla Boeing. In pratica dimenticarono di mettere una fila di rivetti. Questa mancanza ridusse del 70% circa la resistenza alla fatica del pezzo riparato.
I tecnici Japan Airlines, nonostante numerose segnalazioni di fischi intermittenti nella parte posteriore della fusoliera, non avevano mai approfondito gli interventi in sette anni.
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