Il Premio Letterario Giornalistico “ScrivereOltrepensiero” è nato da una piccola idea e dalla voglia di dare visibilità ad autori che muovono i primi passi nel campo letterario ed è frutto della collaborazione di più persone. E’ infatti proprio grazie a persone come l’editore di Prospettiva Andrea Giannasi e il direttore di Oltrepensiero Giulio Carra che abbiamo potuto realizzare tutto questo. Ma un grazie va anche a chi ha selezionato e letto i lavori che ci sono stati inviati: i giurati ed miei collaboratori Martina Campolongo e Natalino Ridente. Grazie anche a tutti gli autori, che hanno partecipato con entusiasmo, da più parti d’Italia. Questo è davvero il più grande dei riconoscimenti.
Quest’anno sono arrivati in finale testi impegnativi, che affrontano temi scottanti, frutto probabilmente del clima che respiriamo ogni giorno. Ma l’arte in fondo è anche questo: capta le atmosfere che si respirano, fa da specchio alla realtà esterna e interna, mutua il sentimento popolare. E in questi lavori si parla di guerra, pietà, pena di morte, democrazia, alienazione tecnologica, inquinamento. Il lato oscuro della vita. E in questi ultimi tempi ci stiamo confrontando con tutto questo, la crisi economica, l’inquinamento, la violenza, la morte.
Siamo in una fase di trasformazione, stiamo toccando il fondo di comportamenti errati e scelte economiche immorali. E questa trasformazione ci ha toccato tutti, chi più chi meno. E allora cosa può fare l’arte? Cosa può fare un concorso letterario, un’antologia, dei racconti, degli articoli?
Possono fare molto.
Possono far sciogliere un cuore indurito, possono aprire gli occhi, possono educare alla compassione alla cooperazione alla pietà. Le storie sono medicine, come dicono i curanderos sudamericani. Attraverso di esse impariamo a vivere e ci guardiamo dentro.
Se solo passassimo più tempo a leggere storie e a scambiarcene, a parlare davvero col cuore e l’anima scoperti, allora il mondo sarebbe un posto migliore. Ma non abbiamo tempo, l’uomo moderno non ha tempo, come descrive bene uno degli autori finalisti (Pietro Ratto) nel suo articolo:
“L’uomo avvisato è un uomo moderno. E’ al corrente di tutto, perfettamente informato di ciò che deve sapere. L’uomo avvisato vive “collegato”. Ha un auricolare che lo collega costantemente al suo cellulare, uno o più cellulari che lo tengono in collegamento con un ripetitore al quale sono collegati milioni e milioni di altri cellulari. Non tollera il silenzio, teme l’assenza di informazioni: vive col televisore acceso che gli fornisce sempre nuovi aggiornamenti su tutto quello che deve sapere del mondo; in questo modo si costruisce una corretta idea di tutto: del tempo che fa, della politica che gira, delle nuove malattie che si stanno diffondendo. Tiene il televisore acceso, ma ad un volume sufficientemente basso per permettersi di avvertire la suoneria del suo telefono e gli avvisi acustici del suo computer, ininterrottamente connesso in rete, che gli annunciano l’arrivo di nuovi messaggi. Sa tutto su ogni nuovo attentato terroristico, sulle nuove epidemie, sui disastri climatici cui è sottoposto il suo pianeta. Così l’uomo avvisato trascorre il proprio tempo, le orecchie e gli occhi pieni di dati, le dita danzanti sui tasti. Ogni tanto, di sera, affacciato alla sua finestra, assapora il triste, vago ricordo di un qualcosa andato irrimediabilmente perduto. Ma si tratta di un attimo. Un solo, isolato, disconnesso, sporadico attimo, desolatamente privo di novità.”
Vi riconoscete? Questo è l’uomo di oggi, un pupazzo telecomandato perennemente bombardato di informazioni che agisce solo in merito a fini utili. Che non se ne sta seduto in balcone a osservare il gioco delle nuvole perché non c’è tempo per perdere tempo. Bisogna fare soldi per comprare il nuovo Suv appena uscito. Bisogna fare soldi per mandare il figlio nella scuola più prestigiosa, o per vivere in una villa di tre piani.
Eppure dobbiamo ricordarci che la felicità nasce dalla semplicità. Da una passeggiata in un bosco in cui scorgi un camoscio che ti guarda curioso. Da una giornata di pioggia che finisce con un arcobaleno. Da una serata tra amici, due chiacchiere e una partita a carte. Da un bambino felice che ti guarda mentre impasti la farina per fargli dei biscotti.
La vita non è questa corsa infinita che ci stanno facendo credere. Non è restare senza fiato per raggiungere sempre obiettivi impossibili. Non è avere un conto in banca stratosferico ma non avere il tempo di sorridere. E non è neanche sedere dietro una scrivania, su una sedia di pelle davanti a un televisore al plasma in videoconferenza mondiale credendosi Dio e trattando tutti senza pietà.
La vita è passione, silenzio, ascolto, amore, cura, solidarietà, guarigione, sorriso, compassione, è un cuore che ancora si stupisce, è fede, speranza, è un miracolo. E questo miracolo deve essere al centro di ogni nostro gesto per quanto piccolo. L’arte è la capacità di osservare questo miracolo, o renderne testimonianza. Serve a farci credere che sognare un mondo diverso è sempre possibile.
Questo è il valore del lavoro che facciamo pubblicando gli autori che partecipano al concorso ScrivereOltrepensiero. Apriamo una porta al sogno.
Ilaria Giovinazzo
presidente ed ideatrice del Premio
- Uno Notizie Tarquinia -
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