Un francobollo, nel 2020, per il millesimo della nascita di San Gregorio VII Papa. La richiesta formalmente inviata al competente Ministero dello Sviluppo Economico, è partita dal Comune di Sorano nel cui territorio, e cioè a Sovana, nacque il Papa.
Nella lettera si ricorda che per iniziativa della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello e del suo Vescovo sono previste a Sovana, nel 2020, una serie di significative e importanti celebrazioni religiose che andranno ben oltre la stessa Diocesi. Secondo l’annuario dei santi, il futuro protagonista di alcuni dei più importanti eventi nella storia della Chiesa di quei tempi, vide la luce proprio a Sovana nel 1020 con il nome di Ildebrando.
Ricordiamo che Ildelbrando di Sovana fu uno dei più importanti papi del XI secolo. Egli mise in atto una profonda Riforma della Chiesa, ma è noto soprattutto per il ruolo svolto nella lotta per le investiture, che lo pose in contrasto con l'Imperatore Enrico IV.
A Cluny poté continuare gli studi interrotti per seguire nel suo esilio Gregorio VI, deposto dall'imperatore Enrico III. Divenne pontefice per acclamazione popolare. Credette fermamente in una Chiesa gerarchicamente organizzata con al vertice il pontefice, garante dell'unità e della fede. Cosciente delle alte responsabilità di successore di Pietro, nel 1074 indisse il primo grande Concilio riformatore. Denunciò l'ingerenza del potere civile nelle nomine dei vescovi, degli abati e degli stessi pontefici mettendo le premesse della 'lotta per le investiture". L'umiliazione di Enrico IV a Canossa fu uno dei più drammatici episodi di questa lotta. Si occupò di molti problemi della sua epoca ma il suo grande merito è stata la riforma della Chiesa e la lotta contro la simonia e la rilassatezza dei costumi del clero.
La riforma detta “gregoriana” non è solo opera di Ildebrando di Sovana, poi papa Gregorio VII. Ma lui la soffre più di tutti, dopo aver aiutato pontefici riformatori per trent'anni. Monaco, studia al Laterano, diventa cardinale con Alessandro II e nel 1073 gli succede. Riformare significa espellere tutti quelli – vescovi, abati, preti – che hanno mercificato la fede comprando cariche e facendo negozio dei sacramenti. Contro di essi si sono sviluppati dal basso movimenti di riforma (non sempre esenti da violenza). Con Gregorio, è il vertice che compie il massimo sforzo per cacciare gli indegni. E si scontra con i loro famelici parentadi, con gli interessi coalizzati, e con molte casate aristocratiche, da tempo abituate a scegliersi vescovi e preti. Papa Niccolò II (1059-61) ha già tolto ai sovrani e alla nobiltà romana l'ingerenza nelle elezioni papali. Ora Gregorio vieta su tutta la linea al potere laico di conferire i poteri spirituali (Sinodo del 1075). E poco dopo, con un documento detto Dictatus papae, codifica la sua visione di una Chiesa fortemente accentrata sul pontefice, come capo assoluto e diretto di ciascun vescovo, e col potere anche di destituire l'imperatore, esonerando i sudditi dall'obbedienza.
L'imperatore è il tedesco Enrico IV, 25 anni, re in Germania e in Italia, che si scontra col papa facendo eleggere a Milano un vescovo di sua fiducia. Alta protesta di Gregorio; ma Enrico replica, sostenuto da 30 vescovi tedeschi riuniti a Worms, dichiarando deposto il papa ("il falso monaco Ildebrando", dice il documento). Gregorio VII scomunica Enrico, che ora rischia il trono; vescovi e principi tedeschi gli impongono infatti di riconciliarsi col papa, in un incontro a Worms previsto nel febbraio 1077. Ma Enrico già in gennaio è a Canossa davanti al papa, in saio da penitente. E ottiene il perdono di Gregorio VII promettendogli di "sottostare al suo parere". Salva così il regno senza prendere impegni precisi. Poi continua come prima a nominare vescovi e abati. Nuovamente scomunicato, nel 1080 fa eleggere a Bressanone un antipapa (Clemente III). E fa occupare dalle sue truppe Roma.
Rinchiuso in Castel Sant'Angelo, il papa è poi liberato dal normanno Roberto il Guiscardo che viene dal Sud. Ma viene con mercenari predatori e assassini, che si fanno odiare dai romani per le loro atrocità. E l'odio ricade anche su Gregorio VII, che gli stessi romani nel 1073 avevano acclamato papa, prima ancora dell'elezione. Finisce i suoi giorni a Salerno, in una desolazione ben espressa dalle famose parole che gli sono attribuite: "Ho amato la giustizia e detesto l'iniquità: perciò muoio in esilio". Dice di lui lo storico Muratori: "Pontefice onorato da Dio in vita e dopo morto da vari miracoli, e perciò registrato nel catalogo de' santi". Papa Paolo V ne autorizzerà il culto nel 1606.
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