BOLSENA - VITERBO ( UnoNotizie.it )
Con il contributo e il patrocinio della Regione Lazio, il Sistema Museale del Lago di Bolsena presenta
“PORGETE ORECCHIO, EGREGI MIEI UDITORI...”
Viaggio nel mondo della poesia popolare improvvisata in ottava rima
racconto teatrale a cura di Antonello Ricci, Alfonso Prota e Olindo Cicchetti
in collaborazione con Società Cooperativa STAF
Museo territoriale del Lago di Bolsena, martedì 18 agosto (21.30) INGRESSO LIBERO
Il titolo “Porgete orecchio” è ispirato ad alcuni versi improvvisati a Selvena dal poeta a braccio maremmano Tribuno Tonini
Fuoriprogramma: giovedì 20 “Porgete orecchio” andrà in scena anche a Valentano – Loc. Felceti, ore 19.00. A seguire: aperitivo
PER CHI VOLESSE SAPERNE DI PIU'...
Poi c’è Ruggero Bonifazi, detto «Il Tredicino» (ingiuria ereditata dal padre). Personaggio di trascinante vis comica, divertentissimo cantore popolare. Lo conobbi nell’autunno del 1981. Tornai a registrarlo nel 1985, era di giugno, per un videoclip. Anche lui rievocava brani d’una vita amara. Amara almeno quanto la maremma. Forse da queste parti «Musignano» è toponimo che non dice molto. Nelle campagne laziali invece dice Torlonia. Quello stesso Torlonia che in Fontamara di Silone è il metro d’ogni cosa, quando si stilano le gerarchie della vita di paese. Prima viene il Principe, poi i servi del Principe, poi i cani dei servi del Principe. Poi nulla. Poi ancora nulla. Poi i cafoni. Rispetto alla «robba» del Fucino i Torlonia tenevano a Canino un semplice «orticello»: ottomila ettari di terra – su dodicimila in tutto – del comune maremmano. Resta una storia tutta da scrivere quella delle occupazioni del latifondo caninese da parte dei reduci di guerra, nel 1919. Una vertenza infinita. Con le istituzioni fasciste estenuate a contenere a pena l’arroganza della casata romana. Mussolini infine, era il 1938, intervenne appoderando: trenta famiglie a mezzadria laddove ne avevano cavato di che sopravvivere, per vent’anni, ben trecento. Dire Musignano, o Riminino, a Canino voleva dire andare a maremma, perdere la dama. Forse la penna. Ruggero, orfano a nove anni, presto pecoraiolo biscino impresarello e capoccetta, a Musignano fu assunto come bifolcino, era il 1926. Stavamo sul suo ettaro di «còta» Ente Maremma, quel pomeriggio di giugno. Ricordava «la schiavitù de cinquant’anna fa». Dice:
Ce pijjave certe ditate ccosì, vva’! (pollice verso)
… difficile trascrivere, ve lo immaginate. Si rende un centesimo dell’atmosfera. Mentre è quella che dice quasi tutto. Continua:
«GGIÙ!!!… » (urla)…
domanda retorica, quasi fàtica:
Erano condizioni bbruttissime de lavoro…
risponde:
Eh, lo schiavismo…
Poi, mi spiazza (in quel contesto di conversazione – registrata sì, ma pur sempre a quattr’occhi: che senso poteva avere?), intona il canto dell’ottava; secco, enfatico, scandito:
«Nella tenuta là di Musignano
tempo già fu lo venne un direttore…»
Fin qui – vorrete perdonare – mi sono permesso di cantare anch’io. Altre due strofe invece, le leggerò:
Tutta la gente d’aspetto marziale
volle che fosse capo ed assistente
acciò temuta sia dal personale
assoggizion de tutta la sua gente.
E chi più spia la fa più in alto sale:
queste furo’ le prima fondamente;
così dotato con questa dottrina
acciò che il suo lavor segua e cammina.
A bon ora si alzava la mattina
facea l’appello come a le soldate.
Tutta la gente di becco più fina,
chiamamoli così le graduate,
ognun cava ’l cappello poi s’inchina
dicendo – Sor ministro commandate –
e l’uno e l’altro l’ordine suo attende
con rìttimo per fa’ le sue faccende…
Perché a un certo punto – alto, toccante – del suo rammemorare Ruggero transitava dal parlato al canto, e lì esplodeva? Certo: anche per star dietro all’intensità del ricordo, a tratti soverchiante. La sua gioventù, la sua terra. Dunque, un po’ come i pugni di Giraldo, l’ottava qui funziona da contenitore aulico, nobilitante, da forma che rende credibile la biografia personale, la innalza ai cieli d’una memoria collettiva, d’una tradizione epica. Con la necessità d’intonar la nenia quale unica via per evocare a presenza piena un secolare sentimento del mondo.
Museo territoriale del Lago di Bolsena, martedì 18 agosto (21.30)
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