SUDAN ( UNONOTIZIE.IT ) Appena in tempo, lo stesso giorno in cui la Corte Suprema dell’Aja ha condannato per crimini di guerra perpetrati in Darfur il presidente - dittatore del Sudan Bashir, i nostri della spedizione archeologica sono rientrati a Roma e a Milano. Dicevamo appena in tempo perché le ritorsioni contro l’occidente si sono subito fatte sentire, cancellazione di permessi di scavo, espulsione di varie ONG, tra le quali Medici Senza Frontiera, ecc.
La spedizione, formata da 6 persone, quattro dell’Università di Torino e due di Accademia Kronos, era partita dall’Italia i primi di febbraio e si riproponeva di riattivare un cantiere altrimenti chiuso per motivi economici nel sito archeologico di Gebel Barkal, nel nord del Sudan. Grazie ai soldi trovati da Accademia Kronos il cantiere di scavi è potuto riaprire.
Questa campagna scavi ha portato alla luce reperti di grande valore a testimonianza di una civiltà poco conosciuta, ma di grande importanza storica ed archeologica, stiamo parlando della cultura meroitica, vissuta all’ombra del grande Egitto, ma non di meno importante.
Il sito archeologico del Gebel Barkal si trova, presso la moderna città di Karima, a circa 400 km in linea d’aria dalla capitale Khartoum. La zona è di una straordinaria suggestione paesaggistica e il luogo fu abitato da epoche antichissime. Gli egiziani lo conquistarono intorno al 1500 a.C. e supposero che qui fosse l’origine del fiume Nilo e della loro regalità sacra in Egitto.
L’area è dominata da un rilievo caratteristico, che si erge per una sessantina di metri sulla piana sottostante a circa 1 km dal Nilo. Verso sud si stacca un pinnacolo scosceso che fu assimilato al cobra simbolo della regalità. Alle pendici del monte si sviluppò quindi un sistema di templi e di palazzi che rimase attivo fino all’arrivo del cristianesimo, nel VII secolo.
Lo scopo della spedizione era quella di acquisire ulteriori documentazioni su tre periodi:
1) l’occupazione egiziana del sito tra il 1500 e il 1100 a.C. ha lasciato resti di diversi santuari eretti in pietra, tra cui il tempio di Amon spicca per imponenza( foto). La città di Napata divenne capitale della Nubia, ed è ricordata anche nell’Aida di Verdi.
2) Durante l’VIII secolo a.C. Napata divenne centro di un impero che includeva il possesso dell’Egitto fino a Menfi, e stabilì alcune necropoli monumentali nelle adiacenze, contraddistinte dalla ripresa della forma a piramide per le tombe regali.
3) In un periodo corrispondente alle monarchie ellenistiche, la capitale fu trasportata a Meroe, dall’altra parte del deserto di Bayuda, presso il Nilo, ma Napata rimase una delle città principali del regno, in cui si ripeteva la cerimonia dell’incoronazione del re.
E’stata una importante esperienza di Accademia Kronos che si è aggiunta alle altre realizzate in 6 anni all’estero. Questa volta si è trattato di salvare un sito archeologico di grande interesse per la cultura mondiale, il sito che sarebbe stato chiuso dopo 30 anni di lavori per mancanza di fondi. Oltre a ciò è accaduto qualcosa che i responsabili della spedizione non avevamo previsto. La presenza di una nostra socia, medico esperta di malattie tropicali, Aryél Boccara, ha trasformato la missione oltre che archeologica in medica sanitaria. Appena i 36 operai locali, addetti agli scavi del sito archeologico, sono venuti a conoscenza della presenza di un medico occidentale, hanno informato la gente e dopo solo due giorni dall’arrivo, sono iniziate le file di malati e altri pazienti. Così la casa che ospitava gli archeologi si è dovuta trasformare anche in ambulatorio. La dottoressa aveva portato con sé dall’Italia una valigia di medicinali che sono serviti a curare decine e decine di persone soprattutto donne e bambini. Purtroppo si è scoperto che l’arcaica e assurda usanza di mutilare gli organi genitali delle donne (infibulazione) in Sudan è ancora ampiamente attuata. Molti casi di infezioni vaginali e di malattie connesse alla pratica dell’infibulazione sono state curate e risolte dalla nostra Aryéle. “ E’ stata una benedizione di Allah “ hanno esclamato i 36 operai locali che facevano parte della squadra di scavi archeologici. Tutta la popolazione locale si sarebbe voluta sottoporre alle visite e cure mediche, ma tale mole di pazienti non era stata minimamente prevista per cui terminate le medicine “l’ambulatorio di Accademia Kronos” si è dovuto fermare. Tuttavia sono stati presi i contatti con un vicino ospedale e in futuro si cercherà di inviare medicine e attrezzature.
I risultati di questa bella esperienza, sia medica che archeologica, saranno esposti presto in un paio di conferenze a Viterbo e ad Orvieto.
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