Gli scenari, i protagonisti, i luoghi, la sociologia dei gruppi, la rappresentazione simbolica, il mito e la memoria collettiva: da dove cominciare quando si vuoi ricostruire una vicenda come la rivolta di Masaniello che dal luglio 1647 all'aprile dell'anno successivo coinvolse la capitale e l'intero territorio del Regno di Napoli e che ebbe una risonanza di vastissime proporzioni nello spazio e nel tempo? Il personaggio principale di quel dramma collettivo è Masaniello, che una lunga tradizione ha identificato totalmente con l'evento. Sappiamo oggi che il capopopolo napoletano fu solo una parte di quell'evento.
Sappiamo che quei moti costituirono solo la prima fase di una rivolta assai più complessa: dopo la morte di Masaniello, interessò anche le province del Mezzogiorno dove assunse caratteristiche antifeudali oltre che antifiscali; alla fine di ottobre 1647 fu proclamata la "Real Repubblica Napolitana" e iniziò un' ulteriore fase di vera e propria ribellione alla Spagna che si concluse solo nell'aprile 1648 con l'ingresso trionfale delle truppe del Re Cattolico, comandate da Giovanni d'Austria, a Napoli. Sappiamo infine che l'agiografia e la mitografia del personaggio Masaniello non hanno giovato né ad una più precisa ricostruzione del moto né all'identificazione del ruolo realmente svolto dal capopopolo nelle giornate del luglio 1647. Eppure, nonostante tutto, la più spregiudicata e critica storiografia, la meritoria operazione di demitizzazione ripresentano integralmente il problema Masaniello.
“Nel 1973 avevo già scritto un "Masaniello" in prosa, così come in prosa avevo scritto "Viva Diego" con il titolo "Come il Napoli vinse lo scudetto", così come anche avevo scritto in prosa "Il ritratto di Dorian Gray" – confessa Tato Russo - . Armando Pugliese con Elvio Porta e Roberto De Simone però misero in scena pochi anni dopo un Masaniello che riscosse un indubitabile successo. Per rispetto a un successo tanto grande decisi di non mettere in scena il mio. Non mi sono mai piaciute le stupide gare tra artisti. Nel '76 misi però in scena "Pulcinella capitano del popolo" che partendo dal romanzo di Luigi Compagnone prendeva le mosse dalla stessa storia di Masaniello vista in chiave di favola pulcinellesca. Negli anni '90 mi sortì l'amore per una nuova forma di teatro sperimentata a Londra e New York: il musical, inteso non più in forma di commedia musicale con numeri, ma di vera e propria tessitura drammatico-musicale. Mi sembrò un nuovo territorio creativo in cui poter espandere la mia fantasia. E dalla trasformazione di quelle mie opere precedenti venne fuori un nuovo modo di intendere un nuovo teatro epico-popolare che, rifuggendo dallo schema dei format del musical da canzonetta, debitore per lo più alla discografia, potesse arrivare al punto di creare una forma di nuovo melodramma, che, partendo dall'idea di utilizzare forme di recitativi ormai in uso in alcune forme della musica d'oggi, potesse contribuire a creare un vero e proprio progetto di drammaturgia musicale, in cui la stessa musica partisse dal verso, dal testo e dai caratteri dei personaggi e non fosse invece una invenzione posticcia di cui avvalersi per le sole esigenze di espansione in musica del sentire della storia. Insomma un po' la lezione di Brecht, un po' quella dello schema del nuovo musical inglese, un po' quella del nostro melodramma. Masaniello fu il primo esperimento riuscito di cinque opere musicali di cui quattro hanno già visto la scena con straordinario successo e delle quali la quinta è ancora nel cassetto in attesa di trovare l'occasione produttiva. Ai tre sopraccitati si aggiunsero infatti "I promessi sposi" e "La vera storia di John Merrick, l'uomo elefante". Importante per tutte le opere realizzate fu la collaborazione del maestro Mario Ciervo, collaboratore in tutte le occasioni, del maestro Patrizio Marrone per il Masaniello, del maestro Giovanni Giannini per "I promessi Sposi" e "Il ritratto di Dorian Gray". Oggi, a risultati ottenuti, posso con sicurezza affermare che, con queste opere, un nuovo patrimonio d'autore è andato ad arricchire la storia del teatro italiano e a configurare un genere autonomo in cui è possibile la poesia della scena e la vera drammaturgia. Un percorso originale che non trova riferimento in occasioni similari e precedenti poiché, come molti critici hanno intuito, costruisce una perfetta simbiosi tra musica, testo, personaggi e stati emotivi della storia. Oggi, dopo più di dieci anni dal debutto, Masaniello si replica, per la prima volta non solo a Napoli, con un nuovo allestimento. Tralasciando la bella veste scenografica data dal teatro Bellini con il suo palcoscenico effigiato fino a 23 metri d'altezza, pare sorprendere ancora per la capacità di propagare un fascino nuovo e ugualmente straordinario. Al pubblico che mi segue con amore in ogni parte d'Italia la parola definitiva”.
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