La notizia che tutta la carne suina irlandese esportata in Italia è stata individuata e sequestrata è confortante anche se rimane qualche dubbio per i prodotti già confezionati ed insaccati, avviati al commercio nei mesi scorsi.
Quello che è sconfortante è la verifica che a 10 anni di distanza dell’episodio dei polli belgi alla diossina poco o nulla è cambiato: i mangimi per animali da allevamento sono prodotti con scarse garanzie di sicurezza e sono un punto critico della catena alimentare.
Poco convincente è poi la notizia tranquillizzante che l’ingestione di carne di maiali irlandesi, anche se con concentrazioni di diossina superiori di 200 volte dei limiti europei, non costituisce un pericolo per la salute. In realtà l’ingestione di questa carne inquinata è solo una delle vie di contaminazione da diossina.
Nella dose quotidiana e soprattutto annuale (le diossine sono persistenti e si accumulano nei grassi del corpo) va considerato l’insieme degli apporti continui di diossina, dovuti alle diverse contaminazioni della catena alimentare, a livello di verdure, latte e latticini (come la mozzarella di qualche mese fa), alla carne di varia origine.
Le fonti di diossina sono numerose a partire dalle produzioni industriali (come a Brescia e Taranto, per esempio) per arrivare a varie forme di combustione di materiali organici contenenti cloro.
In tal senso va ricordato l’apporto di diossine dovuto alla combustione dei rifiuti, in particolare negli inceneritori, principale fonte di diossine in Europa, che ritornano poi come inquinanti di vari alimenti (casi di inquinamento di latte e latticini, ad esempio).
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
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