Quando le critiche al governo, qualunque sia la posizione geografica, arrivano dirette e inequivocabili, quando si reclamano diritti e libertà, gli appelli diventano incitamenti alla violenza, propaganda terroristica, e si chiudono radio, siti, voci, sia pure invisibili: non è il caso di Leyla Zana, di cui copio alcune notizie a ritroso negli anni. Di certo c’è che si spalancano solo le porte del carcere e del manicomio. La foto che allego con le relative scritte sono dell’11 giugno 2004, provengono da un sito il puntorosso. Di rosso sembra rimanere solo il sangue, che ancora scorre, a profusione. Il 23 dicembre, quando Reset, aveva un altro spazio, scrissi “Feste in volo sul Kurdistan”, non è cambiato niente, concludo sempre così: "Che passino presto queste Feste, per loro e per noi, che torni la vita, quella vera e non quella di un giorno convenzionale per il commercio delle anime e dei corpi”.


Doriana Goracci

 

RASSEGNA E DOCUMENTAZIONE


4 dicembre 2008- L’ex deputata curda Leyla Zana, 49 anni, Premio Sakharov 1995 per la pace, è stata condannata oggi da un tribunale turco a 10 anni di carcere con l’accusa di aver fatto “propaganda terroristica” in nove discorsi pronunciati in pubblico. La condanna le è stata inflitta da un giudice del tribunale penale della città di Diyarbakir, nella parte sud-orientale del Paese, per aver violato le leggi anti-terrorismo, anche se non si conoscono nel dettaglio le parti dei discorsi considerate in violazione della legge. Lo scorso 10 aprile, Leyla Zana aveva avuto da un tribunale della stessa città una condanna a due anni di carcere per un discorso da pronunciato il 21 marzo del 2007 durante un Festival curdo. In quell’occasione, nella parte del discorso incriminata, Leyla Zana aveva detto che il popolo curdo - una delle varie minoranze residenti in Turchia - ha tre leader: Massud Barzani e Jalal Talabani nell’Iraq del Nord e Abdullah Ocalan, ex capo del separatista Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato terrorista da Ankara, ma anche da Ue ed Usa, e ritenuto responsabile della morte di almeno 40 mila persone dall’inizio della sua attività, nel 1984. Zana, che è stata anche candidata al Premio Nobel per la pace e che nel 1996 ricevette la cittadinanza onoraria di Roma per il suo impegno nel campo dei diritti umani e civili, arrivò alla ribalta delle cronache internazionali nel 1994, dopo essere stata condannata, insieme con altri tre deputati del poi disciolto partito curdo Dep, a 15 anni di carcere per “fiancheggiamento” del Pkk, dopo alcuni discorsi pronunciati in Parlamento.
Julie news
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30 10 2008 da ufficio stampa Un Ponte per


Il 23 ottobre 2008, con una cerimonia in Campidoglio, è stata consegnata a Leyla Zana la cittadinanza onoraria che le fu conferita il 28 ottobre 1994.
Leyla Zana, eletta nel 1991 nell’Assemblea turca in rappresentanza della minoranza curda, nonostante la dura condanna nel 1994 a seguito del suo giuramento come parlamentare pronunciato in lingua turca e curda e gli anni di detenzione, terminati solo dopo il secondo processo voluto dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo, non ha mai cessato di impegnarsi per il rispetto dei diritti umani in Turchia e nel mondo. Molti i riconoscimenti per il suo operato: il più significativo nel 1996 è stato il premio europeo Sakharov per la pace che le è stato consegnato solo nel 2005 dopo la riacquistata libertà direttamente dal Presidente del Parlamento Europeo a Bruxelles.
Molte città nel mondo e in Italia le hanno conferito la cittadinanza onoraria ma ancora nessuna le è stata ufficialmente consegnata.
Sulla pergamena consegnata a Roma è scritto “questo riconoscimento ti è stato tributato per il tuo impegno sul terreno dei diritti umani e civili”. Dopo 14 anni, di cui 11 passati in carcere, Leyla Zana ha potuto ritirare il documento che le assegna lo stato di cittadina romana.
Lunedì 27 ottobre, l’ex deputata curda è intervenuta anche ad Aosta al convegno dal titolo “In difesa del diritto”, organizzato dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta. “Quaranta milioni di curdi sono privati dei diritti fondamentali, civili, politici, sociali, linguistici e culturali. Uno stato che agisce in questo modo nei confronti di una parte della sua popolazione non può essere definito democratico”, ha dichiarato Leyla Zana nel corso del congresso, organizzato per presentare il premio internazionale “Donna dell’anno 2008”.
Un ponte per…, in collaborazione con Sguardo sul Medio Oriente e la Rete italiana di Solidarietà con il Kurdistan turco, ha organizzato lo scorso
mercoledì 22 ottobre un incontro pubblico con Leyla Zana dal titolo“Diritti umani e Kurdistan”.


Saturday, 12 April 2008 Libertà per Leyla Zana e per il popolo curdo in Turchia
Ancora prigione per Leyla Zana condannata a due anni di carcere per avere nominato pubblicamente il leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Ocalan. La condanna emessa il 10 aprile 2008 dal tribunale di Diyarbakir è per “propaganda a favore di un’organizzazione terroristica”. Questa la risposta della Turchia alla recente sentenza della Corte europea di Lussemburgo che ha tolto il PKK dall’elenco delle organizzazioni terroristiche. Dopo dieci anni passati nelle carceri turche, dal 1994 al 2004, ancora un violento tentativo di togliere voce a una tra le personalità curde che maggiormente si battono per la pace tra curdi e turchi. Leyla Zana ha dimostrato al mondo di essere una donna di straordinario coraggio e fermamente convinta da sempre della necessità del dialogo. Continuiamo a sostenere Leyla Zana, “prigioniera di pace” e il suo diritto alla libertà e chiediamo all’Europa che le ha assegnato nel 1995 il premio Sakharov per i diritti umani, di fermare l’escalation brutale delle forze politiche più reazionarie turche , responsabili dei fatti di sangue accaduti durante l’ultimo Newroz e dei tanti processi a carico di sindaci e esponenti politici curdi. L’Europa giochi seriamente la carta delle trattative per l’entrata di Ankara in Europa ed esprima una ferma condanna per la sentenza iniqua che condanna ancora una volta Leyla Zana. L’Italia metta seriamente al primo posto il rispetto dei diritti umani e non gli interessi di mercato accogliendo la richiesta di moratoria sulla vendita delle armi italiane alla Turchia.


Donne In Nero
7.3.2007 Corriere della Sera- E di 8 marzo si è parlato anche durante il consiglio comunale di ieri sera. All’ unanimità (con il solo voto contrario del Pensionato padano Ettore Tenconi) è stata infatti approvata una mozione firmata da tutte le donne presenti a Palazzo Marino, che riguarda Leila Zana, una parlamentare curda eletta nel ‘ 91 e «colpevole» di aver pronunciato il giuramento anche in curdo: per questo, Leila Zana è stata condannata a 15 anni di carcere, 7 dei quali già scontati. La mozione impegna il Comune a chiedere al Governo che si faccia promotore di un intervento nei confronti del governo turco per ottenere la scarcerazione della parlamentare curda. E.So.


23.5.2007 da Il Paese delle Donne on line - Un procuratore turco ha chiesto la condanna a cinque anni di carcere per Leila Zana, già incarcerata per dieci anni, prima Donna eletta Deputata al Parlamento di Ankara, da cui era stata espulsa per aver parlato la sua lingua.
L’attuale richiesta del PM è motivata da discorsi in cui Leila ha chiesto una visita, da parte di una commissione medica internazionale per Abdullah Ocalan, su cui ci sono seri elementi per sospettare un lento avvelenamento con il cibo od altro da parte di chi lo tiene “in custodia”. Queste richieste sono sostenute da scioperi della fame e iniziativa di lotta dei Curdi in tutto il mondo. Fonte: Ufficio Informazioni sul Kurdistan


8 marzo 2005 Corriere della Sera
ISTANBUL (TURCHIA) - «Almeno questa volta non ci hanno aizzato contro i cani, se li sono tenuti al guinzaglio. Ma per il resto la violenza della polizia è stata terribile: gas urticanti sparati in faccia, manganellate, botte e calci in bocca. E tutto contro una manifestazione pacifica per la Festa della donna» racconta al Corriere Lerzan Tascier, capo dell’associazione turca per i diritti umani Ihd, testimone di quanto è successo domenica a mezzogiorno in pieno centro di Istanbul.
Immagini di violenza e di sangue che le tv nazionali hanno trasmesso e i giornali locali pubblicato. E che hanno suscitato lo «choc» forse non tanto dei turchi (la repressione violenta di manifestazioni non è una novità), ma certamente della «troika» europea: gli alti rappresentanti di Bruxelles guidati dal commissario per l’allargamento Olli Rehn, che proprio ieri erano arrivati ad Ankara per valutare i progressi del governo in vista dell’avvio dei negoziati per l’adesione, il 3 ottobre.


8 marzo 2005 Corriere della Sera - «La manifestazione era stata organizzata da una ventina di associazioni di donne della sinistra, l’unico scopo era leggere pubblicamente un documento sul significato dell’8 marzo, tutto legale» spiega Lerzan, 43 anni, co-autrice di un libro sull’ex deputata curda Leila Zana incarcerata per anni ad Ankara. Altre iniziative di piazza per la Festa della donna s’erano già tenute sabato, dice, una la domenica stessa nei quartieri asiatici della città. E senza repressione. «Questa invece, che ha riunito inizialmente circa 2 mila persone, era nella parte europea: è partita vicino agli uffici del sindaco a Sarachane, ha tentato di arrivare fino a Beyazit dove doveva esserci il comizio. Ma la polizia ha attaccato dall’inizio alla fine: donne, uomini, perfino i giornalisti per impedire loro di lavorare». Con un totale di 63 arrestati, di cui sette ancora ieri in carcere, molti feriti e ricoverati per le botte e i gas. «E’ ancora uno Stato di polizia questo - conclude Lerzan - che negli ultimi mesi è tornato ai vecchi metodi».


Ottobre 2004
www.macchianera.it- Ricevuta in seduta plenaria dal Parlamento europeo la dissidente curda Leila Zana, già nel ‘95 insignita del Premio Sacharov per la difesa dei diritti umani. Nello stesso momento continua a languire nelle carceri turche il capo del movimento di liberazione curdo, arrestato all’estero dai servizi segreti turchi dopo che era stato scacciato dall’Italia e condannato - con un processo giudicato illegittimo dalla Corte europea - a una morte lenta e sospesa. Con Ochalan la sinistra italiana ha un debito preciso. I Ds per averlo mandato via senza difenderlo (al tempo del governo D’Alema) né osare conferirgli lo status di rifugiato politico cui aveva pieno diritto.
Rifondazione per aver gestito avventuristicamente i movimenti dell’esule, fidandosi su garanzie di sicurezza molto aleatorie.
Sia Rifondazione che Ds, in questo momento, hanno la possibilità di chiedere qualcosa a Prodi. E Prodi, autorevolissimo esponente dell’Unione, a sua volta ha la possibilità di sottolineare l’illiceità - secondo le istituzioni giudiziarie europee - della detenzione di Ochalan e la gravissima violazione dei diritti umani che essa costituisce. La Turchia, in questo momento, sarebbe costretta a concedere all’Europa qualsiasi cosa. Bertinotti e D’Alema qualche anno addietro erano grandissimi amici di Ochalan, a parole. Perché stanno zitti ora? Perché non chiedono ai deputati del centrosinistra in Europa di chiedere solennemente *ora*, adesso che forse si può ottenere, la libertà di Ochalan?

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