Presso la sede del GSE, ente che si occupa degli incentivi per le fonti rinnovabili, la società “Nomisma” di Romano Prodi, noto sostenitore del carbone, ha presentato uno studio sull'impatto che hanno le centrali a carbone sull'agricoltura di Civitavecchia e Brindisi. Nel documento sintetico dell'evento Nomisma afferma che i terreni agricoli coltivati attorno alle centrali del bacino carbonifero prossimo a Colonia, in Germania, sono destinati senza problemi a cereali e ortaggi. Non è vero! Sono destinati soprattutto a barbabietole da zucchero e la maggior parte sono “no food”, destinati cioè a diventare un surrogato del petrolio. Il sito www.bi-bigben curato a Colonia da cittadini, medici e agricoltori, lì attivi contro il carbone, evidenzia gli effetti che il carbone produce sulla loro terra. I risultati delle analisi fatte nel 2002 dimostrano i danni all’economia, alle coltivazioni ed alle terre che stanno a cuore agli agricoltori di quella zona, dopo che la loro vocazione a produrre cibo è stata violentata. I risultati delle analisi sono descritti da due diagrammi: il primo dimostra che avvicinandosi alle centrali diminuisce il grado zuccherino delle barbabietole; il secondo ne fa capire il motivo: i ricercatori tedeschi hanno individuato nella presenza di sodio nelle barbabietole l'indicatore dello stress da inquinamento a cui sono sottoposte le piante. E il sodio sale mentre le piante si avvicinano agli impianti.
La mossa GSE/Nomisma è stata pensata per imbavagliare gli agricoltori di Tarquinia, dimostrando che sono eccessivi nelle loro paure; è vero esattamente il contrario: gli agricoltori devono avere ancora più paura di fronte alle menzogne smascherate. L'inquinatore e i suoi fedeli alleati vogliono distruggere l'agricoltura di Tarquinia, perché incompatibile con il mega sviluppo industriale che cervelli bacati stanno immaginando per questa bella Maremma, ma non passeranno. Con l'arroganza del potere si può molto, ma coprire la disonestà intellettuale è impossibile.
E se tanto mi da tanto ... , se anche le piante soffrono, che ne sarà di noi?