Ultime news eventi Tuscia - UnoNotizie.it - Gruppo Archeologico Roccaltia, del Gruppo Roccaltia Musica Teatro e della Cooperativa Sociale Il Camaleonte, presso il Castello Orsini nel comune di Soriano nel Cimino (VT).
Il percorso si snoda in immagini scattate sul set dei due film e vede coinvolti due diversi fotografi di scena: Roberto Villa e Domenico Notarangelo, di origini rispettivamente genovese e pugliese.
Il primo, laureato in elettronica, è stato fotoreporter per importanti testate internazionali, da Playboy a Vogue, da Photo Magazine a National Geographic. Studioso di comunicazione audiovisiva, tra anni Sessanta e Settanta ha collaborato con numerosi artisti italiani d'avanguardia.
Nel 2008 ha donato alla Cineteca di Bologna il suo archivio - il ‘Fondo Villa’ - comprendente fotografie, pubblicazioni e prezioso materiale tecnico audio, video e fotografico che ha utilizzato durante la sua attività, tuttora in corso.
Domenico Notarangelo, invece, è stato dirigente politico del PCI, operatore culturale, corrispondente de L’Unità e appassionato di fotografia. Il giovane Mimì - così è chiamato dagli amici - inizia a seguire il set per reclutare comparse a Matera. Il suo ricordo di Pier Paolo sul set è, infatti, quello di un uomo dalla “capacità di lavoro sovrumana, straordinariamente intenso”. Si presenta per Mimì l’occasione di fare la comparsa del centurione romano ed è così che, nascondendo sotto il gonnellino le macchine fotografiche, inizia a scattare. Più spesso con la semplice Comet Tre, altre volte utilizzando la più complessa Woiglander.
La bellezza del percorso fotografico risiede in diversi fattori, alcuni oggettivamente riconoscibili, altri che andranno a stimolare la nostra coscienza nel corso della visione.
Si parla, per quanto riguarda ‘Il Vangelo’(1964), di “foto che ci permettono di ‘spiare’ il Pasolini-regista al lavoro, di osservare i momenti di pausa di comparse e protagonisti, documentandoci inoltre scene ed ambientazioni, che ritraggono Susanna Colussi Pasolini - donna dal volto dolcissimo e madre di Pier Paolo - nei panni della Madonna; ma anche la scrittrice Elsa Morante e il poeta Alfonso Gatto; o ancora Enrique Irazoqui, giovane universitario antifascista, che Pasolini esorta a vestire i panni di Cristo. Più spesso si tratta di persone prese dal popolo, come l’apostolo Pietro, ovvero Settimio Di Porto, uno straccivendolo romano; e poi le donne, i soldati, le tantissime comparse, volti di un’espressività straordinaria.” scrive Cristina Pontisso della cooperativa ‘Il camaleonte’.
Ma anche ‘Franco Citti, Ninetto Davoli, Ines Pellegrini, Christian Alegny, Margareth Clementi’
per ‘Il fiore’(1974), vincitore del Grand Prix speciale della giuria al Festival di Cannes.
Se in quest’ultimo film, dal testo originale è detto che la verità non è in un solo sogno, ma in molti sogni, la mostra ha voluto cogliere questa suggestione e ha voluto esasperarla in un taglio, quasi dicotomico dell’esistente per dare un giusto peso alle immagini. Un po’ come si vuole fare con l'anima.
Se ne ‘Il Vangelo secondo Matteo’ si ascolta ‘preparate la strada del Signore, raddrizzate i sentieri’ e si attraversa con Pasolini, nelle foto di Notarangelo, Matera in bianco e nero, quasi a valorizzare la luce o l’ombra evanescenti tanto del set, così di un testo sacro quale il Vangelo; ne ‘il fiore’, tra i colori densi e saturi delle foto di Roberto Villa, della Persia e dello Yemen, ci si cala in una dimensione fortemente carnale e a tratti erotica.
Eppure, non v’è negazione di quel qualcosa che esula dagli istinti più carnali e più bassi.
“La fedeltà è un bene ma lo è anche la leggerezza,” si dice nel film. Come a dire che, per quanto si possa restare ancorati al reale, non può che emergere un quid dal profondo dell’essere a dare senso a ciò che, per struttura, è di per sé dato.
La mostra di questi due film, con le loro narrazioni visive, quasi due lune nello stesso cielo, attraverso gli scatti di Roberto Villa e Domenico Notarangelo, evidenziano quello che lo stesso Pasolini riporta ne ‘Il fiore’: ‘Sia gloria a Dio che fa conoscere all’ uomo ciò che non conosce’, e non perché si voglia mandare un qualche messaggio evangelico od essere portatori di uno stendardo ai fini di uno sterile proselitismo di massa. Assolutamente!
Quando Pasolini creò questi due film, per quanto contrari tra loro, fu spinto come inebriato dal profumo di un fiore, da una pulsione filantropica oltre che dall’amore per la cultura e l’apertura mentale e sociale. E gli scatti dei fotografi di scena che la Tuscia si accinge ad ospitare, vogliono dare proprio questo taglio.
Del resto, citando un verso del ‘Le mille e una notte’: “ Dite innamorati, come deve fare un ragazzo quando l’ amore diviene padrone di lui!?”
A fronte di questo dilemma che accompagna l’uomo, il Gruppo archeologico Roccaltia e la Cooperativa Il Camaleonte vi augurano una buona visione!
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