“I governi
mondiali hanno finanziato le multinazionali del petrolio con mille
bilioni di dollari e oggi qua a Rio non vogliono scendere a
compromessi”. Il vero cuore della crisi attuale, afferma Giuseppe, “sta
nella crisi ecologica che si manifesta nella distruzione ambientale come
riflesso dello sviluppo economico, nei sussidi alle multinazionali del
petrolio e nella privatizzazione dei beni comuni”. E’ da 40 anni che si
sta parlando di sviluppo sostenibile e ancora non è stato fatto quasi
nulla: la necessita di una transizione ad un nuovo modello economico è
evidente”.
Ma come dovrebbe funzionare un modello economico giusto in una società giusta?
Innanzitutto tutti gli esseri umani dovrebbero avere il diritto di
vivere in un mondo pulito e libero dall’inquinamento, spiega Giuseppe. E
poi, il principio di precauzione dovrebbe riformare il modello
giuridico attuale promuovendo una nuova etica che implichi una relazione
diretta tra giustizia e sostenibilità. Lo sviluppo sostenibile può
realizzarsi solo a partire dalla giustizia.
La crisi nasce dal
non aver riconosciuto i diritti ambientali e l’interdipendenza che
esiste tra noi e la natura. Siamo il frutto di 3,8 bilioni di anni di
evoluzione, il risultato di una sempre maggiore specializzazione e un
aumento della complessità simbiotica che, soltanto grazie alla
cooperazione tra le cellule, ha portato alla nascita di organismi sempre
più complessi.
Dobbiamo avere “fede” nella vita e modellare la
società ispirandoci alla vita nella sua espressione più essenziale che è
il funzionamento del corpo umano, dedicato ad allontanare e rigettare
gli organismi nocivi, tossici e competitivi per garantire il sano
funzionamento dell’organismo. La coesione sociale tra le cellule è
essenziale per la sopravvivenza e non dobbiamo lasciare che venga
pregiudicata da un sistema di accumulazione di capitale che si basa
sulla competizione e sull’individualismo: “chi rompe la coesione sociale
tra le cellule lentamente uccide l’organismo”.