Stasera al teatro romano di Ferento andrà in scena “Medea” di Euripide con Pamela Villoresi nel ruolo della protagonista. Un classico al teatro romano di Ferento, in scena oggi, mercoledì 25 luglio, alle ore 21,15, per la stagione estiva organizzata dal Consorzio Teatro Tuscia e dalla Provincia di Viterbo, diretta da Patrizia Natale. La “Medea” di Euripide (traduzione di Filippo Amoroso) nell’interpretazione di Pamela Villoresi va in scena per la regia di Maurizio Panici.
Medea la sapiente, Medea la barbara, è per uno dei personaggi più estremi e affascinanti della tragedia classica e moderna in quanto, prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale ma per rispondere ad una ingiustizia : “ecco Medea ….ecco la sventura di una donna” dice di sé al termine di un lunghissimo e straziante monologo.
“Partendo dal tema "Le madri che uccidono i figli" Medea ci riporta alle donne dei tragici greci – scrive Pamici nelle note di regia - Sono infatti le donne a mettere in discussione la vecchia cultura facendosi portatrici di un nuovo pensiero.
Ed è proprio attraverso Medea (figura totalmente inedita e significativa) che Euripide pone all'interno delle rappresentazioni tragiche un elemento di assoluta modernità. Medea, infatti, è la prima donna a mettere in discussione i rapporti tra uomo e donna, evidenziando una situazione di forza, contestando l'esistente, aprendo un contenzioso e lasciando intravedere nuove possibilità.
Medea è per questo uno dei più estremi e affascinanti personaggi della tragedia classica e moderna in quanto, prima fra tutte, non agisce spinta da un impulso erotico o sentimentale ma per rispondere ad una ingiustizia. Le modalità del suo atto trascendono ogni consuetudine. In Medea l'azione tragica coincide con la sua stessa rovina poiché, mentre punisce il padre dei suoi figli, colpisce con uguale violenza sé stessa: pur riconoscendo l'impatto del suo agire lo persegue con determinazione e lucida consapevolezza. Il conflitto per la prima volta in una tragedia non è fuori, ma dentro il personaggio, come risulta dal ruolo decisivo dei monologhi nello sviluppo della struttura drammaturgica”.
Annota ancora Maurizio Panici: “C'è una definizione precisa della tragedia in un testo di Jean Anouilh attraverso un’immagine molto forte, che trovo assolutamente pertinente: il coro infatti dice “La molla è caricata. Non avrà che da scaricarsi da sola… nella tragedia tutto è tranquillo si dà appena una spinta per metterla in moto, un nonnulla. Tutto qui. Dopo non c'è che da lasciarla fare...”. Ecco, Medea è la molla caricata: la sua diversità, il suo essere esule in terra straniera, non più amata dall'uomo per il quale ha lasciato la casa e gli affetti, sono ancora oggi, come allora, motivi sufficienti per provocare un corto circuito emotivo di dimensioni devastanti”.