Il 25 Novembre si celebrerà la giornata internazionale contro la violenza sulle donne - Arriva da Lecce l’ultima news da pugno agli organi genitali: “Dopo aver bevuto insieme, due ragazzi, avrebbero stuprato la loro amica, una studentessa brindisina 16enne, nei bagni della stazione di Lecce. La ragazza è stata trovata completamente ubriaca sul treno in partenza per Bari. Secondo quanto ha raccontato alla polizia, la studentessa aveva marinato la scuola per raggiungere Lecce in treno. Una volta in città i 3 hanno fatto un giro, sempre bevendo birra e a fine mattinata sono tornati nella stazione di Lecce. Qui i due amici avrebbero abusato di lei.”
A Velletri, tre ragazzi sono stati condannati per stupro e i loro parenti distruggono il tribunale, per rappresaglia, malcontento… Dimostrare che così si esegue la Giustizia. Già… il “tribunale di Velletri è stato preso d’assalto da una ventina di persone dopo la condanna per stupro di tre ragazzi. I loro parenti non hanno accettato la sentenza, distruggendo gli uffici e minacciando i giudici. La notte di follia nel paese dei Castelli Romani si è conclusa con venti arresti, sei feriti tra le forze dell’ordine e ingenti danni. Chissà cosa penserà la vera vittima di questa vicenda, la ragazza romana che la sera di Ferragosto del 2009 fu violentata sulla spiaggia di Tor San Lorenzo.Per lo stupro dell’allora 17enne erano stati arrestati i gemelli ventenni Emiliano e Nicolas Pasimovich, originari dell’Argentina, e Maurizio Sorrentino, 21enne di Torre Annunziata. Ieri il processo si è concluso con la condanna a 8 anni e 6 mesi di reclusione per stupro di una minorenne.Una sentenza che fa giustizia alla ragazza ma non ai parenti di coloro che, secondo il tribunale, sono tre stupratori. E così i vendicatori si sono dati appuntamento all’esterno del tribunale in attesa della sentenza. Quando i giudici si sono pronunciati è successo il finimondo. La vetrina del portone del tribunale è stata sfondata, mobili e oggetti trovati negli uffici sono stati devastati. I violenti hanno assediato l’aula del processo. Qualcuno è sceso nei sotterranei distruggendo le macchine. I giudici sono usciti incolumi grazie alla protezione della polizia. Ci sono stati diversi feriti tra gli agenti intervenuti dai paesi limitrofi. Venti persone sono state poi arrestate, tra loro la madre dei gemelli e il padre di Sorrentino.”
Ho appena sentita questa notizia e dopo pochi momenti ne apprendo una che viene dalla Francia: “Nell’agosto dello scorso anno aveva già stuprato una ragazzina nel paesino in cui viveva con la famiglia, a una quindicina di chilometri da Nîmes, nel sud della Francia. E per questo era stato arrestato e rinchiuso in carcere per quattro mesi. Una volta rilasciato, è stato accettato in un collegio semi-privato di Chambon sur Lignon, cittadina nella zona dell’Alta Loira, dove nel frattempo i suoi hanno deciso di trasferirsi. E a distanza di poco più di un anno ci è ricaduto. Ora la Francia, sotto choc, piange una nuova giovanissima vittima: Agnes Marin, 13 anni, violentata e uccisa «in maniera estremamente violenta e brutale», per dirla con le parole del procuratore che indaga sulla vicenda. Violenta e brutale. Perché la studentessa non è stata solo abusata ed uccisa. Ma pure data alle fiamme. Una scena inimmaginabile a prescindere. Ma ancor più incomprensibile pensando alla giovane età dei protagonisti. La vicenda risale alla settimana scorsa: Agnès era scomparsa mercoledì e dai referti dei medici legali risulta essere stata uccisa il giorno stesso. Attirata in un bosco dal suo aggressore, un 17enne di nome Mathieu, è stata violentata e poi soppressa. Il corpo è stato ritrovato venerdì su indicazione dello stesso aggressore il quale, messo alle stette dagli investigatori, aveva ammesso di essere lui il responsabile della sparizione della ragazzina. I magistrati che seguono il caso hanno spiegato che il giovane era «in possesso di oggetti», usati forse per infierire sul corpo della ragazza. Un dettaglio, questo, che lascia intendere la premeditazione del gesto.
Il dolore adesso lascia spazio alle polemiche. Secondo molti, a partire dalla madre della ragazza Paola Marin («E’ assurdo, poteva essere evitato tutto quanto con un po’ meno di negligenza»), il giovane non avrebbe dovuto essere ammesso in quella scuola e Philippe Bauwens, il preside del collegio – una struttura semi-privata frequentata da ragazzi di famiglie tutt’altro che indigenti (la retta è di 12 mila euro all’anno -, è sotto accusa per avere accettato l’iscrizione nonostante i precedenti dell’adolescente avrebbero dovuto indurre maggiore cautela. «Sapevo che era stato in carcere e per questo volevo dargli una possibilità – ha spiegato il dirigente scolastico ai giornali transalpini -, ma non sapevo di quali reati si fosse reso responsabile». Una versione però non confermata dal procuratore di Clermont-Ferrand, Jean-Yves Coquillat: «L’istituto ha accolto in piena conoscenza dei fatti e dopo il rifiuto di diverse altre scuole – ha detto il magistrato – nella pratica c’è una lettera che lo dimostra. È stato il padre a mobilitarsi per cercare un istituto che lo accettasse mentre Mathieu era ancora in carcere». Le autorità sostengono però la legittimità del suo rilascio, suffragato dalle perizie psicologiche dei medici legali che hanno dato il nulla osta. Lunedì sera una marcia silenziosa ha commemorato la ragazzina. «Ci hanno detto di essere forti – hanno raccontato i compagni di classe – e che ora dobbiamo sostenere la famiglia di Agnès e che insieme ne verremo fuori».
Intanto si muove anche il governo, nonostante il padre della giovane abbia chiesto di non politicizzare la vicenda (tra pochi mesi ci saranno le presidenziali e la destra di Sarkozy ha spesso cavalcato i temi della legalità). Il ministro della Giustizia, Michel Mercier, ha ordinato un’inchiesta immediata. Si discute, fra l’altro, sulla norma che – basandosi sulla presunzione di innocenza e sul diritto alla privacy – impedisce ad un preside di essere automaticamente informato che fra gli studenti della sua scuola c’è qualcuno sul quale la giustizia indaga, ad esempio, per violenza sessuale. L’ultimo bollettino scolastico di Mathieu parla di buoni risultati a scuola e di corretta esecuzione di tutte le prescrizioni della giustizia nei suoi confronti, comprese le periodiche sedute di psicoterapia all’ospedale locale. Nelle ultime settimane era stato anche autorizzato ad uscire (frequentava in regime di «internat», ovvero di «residente» nella struttura) per andare a trovare i genitori, che nel frattempo si erano trasferiti per non rimanere vicini alla famiglia della vittima del primo stupro del figlio.”
Se solo vado a ricordi più o meno recenti, trovo: Perchè un maschio italiano non può essere fedele 21 gennaio 2009: ” Questa frase fatevela spiegare da un signore di 40 anni che oggi ha un nome, Alessio Amadio, italiano e stupratore di una donna rumena, Magdalena, 38 anni che a Roma alle 6,30 del mattino come dipendente di una cooperativa di servizi, “aveva appena iniziato a fare le pulizie in un call center in zona Vescovio quando è stata aggredita alle spalle da un uomo che, minacciandola con un taglierino, l’ha costretta a subire violenza sessuale. Subito dopo lo stupro la donna ha chiesto soccorso in un bar poco distante dal call center e ha chiamato la Polizia. Le indagini, immediatamente avviate dalla Squadra mobile, hanno consentito di identificare l’aggressore per A.A., italiano di 39 anni, convivente della responsabile del call center.”
Donne rivolta poesia stupri e morte ammazzate. Ayat al-Ghermezi 25 maggio 2011: Non è un bel titolo quello che ho messo ma non è neanche una bella storia quella che mi è arrivata con un messaggio da Fernando Rossi su Facebook: ”Bahrain-MANAMA – Una poetessa del Bahrain nota per aver composto poemi contro il regime di Manama è stata uccisa dopo essere stata arrestata e violentata dai militari di Manama. La vittima si chiamava Ayat al-Ghermezi, 20 anni, che ha recitato le sue poesie contro il regime e il primo ministro del Bahrain Khalifah Ibn Salman al-Khalifah durante le proteste nella piazza della Perla nella capitale. Dopo la sua performance, la Ghermezi ha ricevuto una serie di lettere e di e-mail che la minacciavano di morte.”
8 marzo 2009: abortite la Chiesa e chi ci stupra. Scomunica per i medici che fanno abortire bimba violentata. Ed è polemica in Brasile (6 Marzo 2009) Guardatela bene la faccia di bronzo di questo stupratore della buona fede: è l’arcivescovo di Recife, Josè Cardoso Sobrinho. Giunge al 6 marzo dalle agenzie di stampa la notizia della sentenza inappellabile della Chiesa cattolica brasiliana contro i medici che hanno fatto abortire una bimba di nove anni, stuprata dal patrigno e incinta di due gemelli. I sanitari sono stati scomunicati. L’aborto, ha specificato Josè Cardoso Sobrinho, arcivescovo di Olinda e Recife, è un crimine agli occhi della Chiesa e la legge degli uomini non può sovrastare quella di Dio. Il patrigno ha ammesso che abusava della bambina da quando aveva 6 anni; alla piccola, ricoverata presso un ospedale di Recife, sono stati somministrati farmaci abortivi mercoledì pomeriggio. La notizia la leggo con questo titolo “Scomunica per i medici che fanno abortire bimba violentata. Ed è polemica in Brasile“…
Hei Hombre! Siamo a Portici il primo ottobre per Teresa Buonocore Venerdì 01 Ottobre 2010 : Quello che riporto racconta l’iniziativa dedicata a Teresa Buonocore. E’ la mamma di Portici che ha osato testimoniare contro lo stupratore della figlia.“Nei giorni scorsi è stata depositata la sentenza di primo grado contro un uomo condannato a 15 anni di carcere per aver compiuto violenze sessuali contro tre minorenni, a Napoli: “un imprenditore di Torre Annunziata” o “un geometra di 53 anni”, raccontano le confuse cronache giornalistiche, con precedenti violenti. L’uomo si trova adesso detenuto a Modena. Al processo, tre anni fa, si era costituita parte civile anche la madre di una delle bambine, che si chiamava Teresa Buonocore e aveva quattro figli. Incensurata 51enne residente a Portici, ammazzata nella sua auto mentre andava al lavoro: Due moto l’hanno affiancata e chi vi era sopra le ha sparato quattro colpi calibro 9.” A 48 ore dal fatto, si sa chi è stato, materialmente. Come per me, sarà per molte altre donne un dispiacere grande non esserci ma ci saranno e saranno tante, che ricorderanno, una, l’ultima morta ammazzata e sappiamo o non sappiamo chi è stato, c’è da impazzire per il dolore di ciò che ha vissuto, come ha pagato per amare la figlia, la vita…
Dunque non ci sono confini, e tantomeno classi sociali per limitare il fenomeno ordinario dello stupro e della violenza sessuale che spesso si conclude con un omicidio, più o meno truculento. Sono andata a caso, senza senso, non sono una femminista, non sono una giornalista, sapete voi che seguite in rete chi siamo noi donne, cosa ci passa per la testa. Non riusciamo a capire cosa passa per la testa alle altre e agli altri, violentate violentatori violento potere proprietà e possesso dell’anima, della vita e della morte.
“…Donatella Colasanti è morta all’età di 47 anni, il 30 dicembre 2005 a Roma per un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita 30 anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Le sue ultime parole sono state “Battiamoci per la verità”…”
E’ necessario più che mai trovare le parole, NON AVERE PAURA DI NON FARE SILENZIO. So solo questo e tento ancora una volta di riportare alla vostra attenzione e denuncia.
Doriana Goracci