LIBRI, ''LOMBARDI E IL FENICOTTERO'': presentazione a Bruxelles alla Progressive Convention del PSE. Ultime notizie Roma - ‘Lombardi e il fenicottero’ sorvola per la terza volta le Alpi, e dopo Parigi e il Parlamento Europeo a Bruxelles, atterra di nuovo nella capitale belga, il 25 novembre, per esser presentato alla Progressive Convention del PSE, il Partito Socialista Europeo. Convention dedicata al tema della devastante crisi economica e finanziaria e alle sue implicazioni sociali.
Che c’entra allora Riccardo Lombardi, l’Ingegnere ‘acomunista’ che nel 1967 lanciò l’idea di ‘una società più ricca perché diversamente ricca’ e spiegava, “la nostra lotta è contro la società affluente e il benessere, non già perché non vogliamo il benessere, ma perché vogliamo un certo tipo di benessere, non quello che domanda tremila tipi di cosmetici o una dispersione immensa di risorse, ma quello che domanda più cultura, che domanda più soddisfazione ai bisogni umani”?
Era l’utopia di una società socialista, dove a tutti fosse data “la massima possibilità di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita” che può esser oggi la ‘via d’uscita’ dal ‘pensiero unico’ fattosi poi ‘potere unico’ neoliberista.
E che c’entra Ena Viatto, la sua donna atea, il ‘fenicottero’ comunista che andò in crisi di fronte al patto Ribbentrop-Molotov e alle orrende purghe staliniane per cui “gli amici di sempre”, Angelo Tasca e Ignazio Silone, all’improvviso erano diventati “nemici da non salutare”? Dov’era finita la promessa di Marx della “liberazione dell’uomo?” .
C’entrano entrambi, a pieno titolo, perché ciascuno con la propria identità, onestà, coerenza, rigore e ferrea laicità, hanno anticipato, anche con i loro sobri e stravaganti stili di vita, le diseguaglianze e le ingiustizie insite nel modello consumistico di società creato dal neocapitalismo finanziario che “tutto considera in termini di denaro, di retribuzione, come se la felicità dipendesse dal differente guadagno”. Un’opposizione ferma al ‘pensiero neoliberista’ che c’era anche ai loro tempi, per cui si doveva ‘laissez faire’ il mercato che tutto avrebbe aggiustato. Un ‘pensiero’ che imponeva anche la libera circolazione dei capitali, cioè dei profitti che, invece di essere reinvestiti nel ciclo produttivo, prendevano altre rotte: l’espatrio, l’occultamento, la rendita fondiaria, con la complicità del sistema bancario, per Lombardi, “rocca inaccessibile e impenetrabile ma altrettanto irresponsabile”. Quindi, nessuna regolamentazione e alcun controllo tanto sui movimenti dei capitali quanto sul mercato del lavoro e sulle tutele del lavoro.
Il 22 ottobre 1970 alla Camera dei Deputati Lombardi accusava il Governo e più direttamente “l’elegantissimo uomo” il governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, di ‘non capacità’ o ‘non volontà’, nel “contrastare efficacemente uno dei vermi roditori, dei principi di cancro […] della nostra economia”, ossia, l’esportazione di capitali all’estero, causa principale della “anemia sull’afflusso degli investimenti”, imputata, dal terrorismo economico e mediatico “alle conseguenze delle lotte contrattuali e al proseguimento di tali lotte in alcune fabbriche”.
Lombardi anche aveva forti dubbi sul ‘modello’ di Europa che si andava formando e lo disse apertamente nel 1973 alla Camera dei Deputati: “se l’Europa si fa sulla base del modello americano, riproducendo alla lunga, com’è inevitabile avvenga, il modello americano, il mondo, nel suo complesso, non potrà sopportare questo; e non politicamente, ma per ragioni biologiche di vita […] O si segue un modello diverso, opposto, oppure andremo incontro a crisi economiche e politiche per cui la costituzione di una unità europea potrà diventare addirittura un fatto nocivo”. Non solo, ma che se si fosse seguito, come si è seguito, il modello americano, ciò avrebbe accelerato, come ha accelerato, “[…] il ciclo distruttore della loro moneta (il dollaro). Di una moneta che è moneta cattiva che caccia la buona […] cui i paesi europei finiscono per essere legati […] fino al punto da essere costretti a mantenere il sistema che li opprime”.
Un’analisi precisa e puntuale di quel che stiamo vivendo: il crollo finanziario del 2008 delle grandi banche d’investimento americane ha travolto l’economia mondiale, compresa quella europea: il crack se è stato evitato, alcuni economisti dubitano di ciò, è solo grazie a massicci interventi delle finanze pubbliche da parte degli Stati. I quali dissanguati dagli onerosi salvataggi, ricorrono ai piani d’austerità, vere ‘cure da cavallo’, che hanno di mira stipendi, salari, pensioni, Welfare State.
Ci sta bene, dunque, ‘Lombardi e il fenicottero’ alla Progressive Convention del Pse nella ricerca di ‘una via d’uscita’ dal ‘pensiero unico’ o meglio ‘potere unico’ neoliberista. E la scelta da fare è ancora la stessa di allora: o l’utopia di ‘una società più ricca perché diversamente ricca’ oppure il rincorrersi di piani d’austerità imposti dal ‘pensiero unico’ neoliberista per ricapitalizzare ogni volta le grandi banche d’investimento libere dal controllo pubblico.
Insomma, s’impone oggi alle forze socialiste e progressiste europee, direbbe Lombardi, una scelta chiara e netta: “non inseguire il capitalismo sulla groppa, incalzarlo standogli appiccicati e finendo per identificarci con esso, per confonderci con lo stesso cavaliere-cavallo in cui non si sa più chi è il cavaliere e chi è il cavallo”.