Una co-produzione italiana, tedesca e cingalese
La produzione di MACHAN è cominciata nel gennaio del 2007; le riprese sono durate tre mesi e si sono svolte a e nei dintorni di Colombo, Sri Lanka e in Germania.
Ufficio Stampa Mikado Film: ROBERTA AVOLIO, r.avolio@mikado.it
MACHAN
SINOSSI
Ispirato da una storia vera
Sri Lanka, una bidonville a Colombo. Senza soldi e senza futuro, un gruppo di disperati ai margini della società trova in un torneo di palla a mano in Baviera la risposta alle loro preghiere, un biglietto di sola andata verso l’Occidente e la ricchezza che potrebbe risolvere tutti i loro problemi.
Manoj e Stanley cercano di tirarsi su a vicenda dopo che la loro ultima richiesta di visto è stata respinta. Il barista Manoj è affranto poiché il suo sogno di vivere e lavorare nel magnifico Occidente continua ad essergli negato, mentre l’amico di una vita Stanley, venditore ambulante di frutta a Colombo, non ce la fa piu’ a tirare avanti, oberato da pesantissimi debiti, due zie pazze e un fratello minore che sta imboccando la strada del crimine.
Con il morale a terra, i due scoprono per caso un bando di gara per partecipare ad un torneo di palla a mano in Baviera, che ai loro occhi appare come un dono del Cielo. E anche se nessuno di loro ha la più pallida idea di cosa sia la palla a mano, inviano in fretta e furia una scheda di ammissione fasulla e ben presto un variegato mix di amici e colleghi, creditori e poliziotti, vanno ad allargare le fila dell’improbabile Nazionale di Palla a Mano dello Sri Lanka.
Pensando al torneo che li aspetta dall’altra parte del mondo, la squadra organizza delle caotiche "sessioni di allenamento". Ma quando finalmente arriva il tanto agognato invito, le regole della palla a mano vengono immediatamente accantonate; il sogno di lasciarsi alle spalle la povertà e di cominciare una nuova vita prende il sopravvento mentre si dirigono tutti insieme verso l’ambasciata tedesca per ottenere il magico visto…
Respinti una volta ancora! Chi aveva mai sentito parlare di una lettera del Ministero? E perché mai c’e bisogno del permesso del proprio governo quando sei stato invitato dal governo di un altro Paese? E’ forse la fine del sogno?
Ma non perdiamoci d’animo: c’è sempre il maestro dei falsari e eclettico truffatore Ruan, anche se ricorrere ai suoi servigi vuol dire proprio aver toccato il fondo.
L’ultima soluzione – piuttosto difficile da accettare per alcuni – è quella di includere nella squadra uno sparuto gruppo di stranieri bloccati nel Paese: finalmente, carte false alla mano, la squadra ormai al completo riesce ad ottenere il tanto agognato visto e dopo uno struggente addio ad amici e parenti, gli improbabili atleti sono finalmente in viaggio verso l’Occidente e il luminoso futuro che li attende.
Ma i piani di una veloce fuga al momento dello sbarco vengono mandati all’aria dal comitato di accoglienza che li aspetta all’aeroporto e da un improvviso cambiamento di programma, che fa sì che i nostri atleti si ritrovino in men che non si dica dentro ad uno stadio gremito di tifosi che non vedono l’ora di applaudire la Nazionale di Palla a Mano dello Sri Lanka!
70 a 0. E ora? Scapperanno prima dell’inevitabile arresto e dell’inglorioso ritorno a casa? O combatteranno fino alla fine per difendere il loro orgoglio personale e nazionale, a costo di mettere a rischio la realizzazione del loro sogno?
un FILM REDWAVE
MACHAN
Prodotto da
PRASANNA VITHANAGE
CONCHITA AIROLDI
UBERTO PASOLINI
Scritto da
RUWANTHIE DE CHICKERA
UBERTO PASOLINI
Regia di
UBERTO PASOLINI
Film realizzato con il sostegno dei programmi EURIMAGES e MEDIA dell’Unione Europea
Film riconosciuto di Interesse Culturale Nazionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali
USCITA PREVISTA: 12 SETTEMBRE 2008
Stanley DHARMAPRIYA DIAS
Manoj GIHAN DE CHICKERA
Suresh DHARSHAN DHARMARAJ
Vijith NAMAL JAYASINGHE
Piyal SUJEEWA PRIYALAL
Ruan MAHENDRA PERERA
Naseem DAYADEWA EDIRISINGHE
I REALIZZATORI
Regia UBERTO PASOLINI
Scritto da RUWANTHIE DE CHICKERA
UBERTO PASOLINI
Prodotto da PRASANNA VITHANAGE
CONCHITA AIROLDI
UBERTO PASOLINI
Co-Produttore HENNING MOLFENTER
Produttore associato MIRJAM WEBER
Direttore della fotografia STEFANO FALIVENE
Scenografie ERROL KELLY
Montaggio MASAHIRO HIRAKUBO
Musiche composte da STEPHEN WARBECK
LAKSHMAN JOSEPH DE SARAM
Suono in Presa Diretta ANANDAR CHANDRAHASAN
Costumi SANDHIYA JAYASURIYA
ROB NAVIS
Trucco EBERT WIJESINGHE
Casting DAMAYANTHI FONSEKA
LA GENESI DEL FILM
Mentre lavorava in Australia e faceva i conti con gli impossibili ego delle star di Hollywood, Uberto Pasolini si è imbattuto per caso in un flash di agenzia che riportava la notizia di un gruppo di 23 uomini cingalesi i quali, facendosi passare per la Nazionale di Palla a mano dello Sri Lanka, erano giunti in Germania per poi scomparire durante un torneo in Baviera. Il servizio diceva che il viaggio della presunta squadra non era stato autorizzato dalle autorità di Colombo, e che la composizione della squadra era rimasta avvolta nel mistero.
Sentendo subito che una storia simile gli avrebbe dato la possibilità di “avere a che fare con persone vere che vivono nel mondo reale, cosa rarissima nell’industria cinematografica”, Uberto si è concentrato su quel minuscolo frammento di storia che avrebbe occupato la sua vita per i successivi tre anni.
A quel punto, accantonati tutti gli altri progetti e si è messo alla ricerca di uno sceneggiatore con il quale condividere l’impresa di raccontare una storia che ha come protagonisti 23 sconosciuti. Per assicurare l’autenticità del progetto e ricreare sullo schermo quel mondo in maniera realistica, il regista ha limitato le ricerche allo Sri Lanka dove ha avuto la fortuna di incontrare l’autrice teatrale cingalese Ruwanthie de Chickera, le cui opere trattano prevalentemente di temi sociali. Inoltre, la scrittrice è conosciuta soprattutto per l’empatia e la solidarietà che mostra verso gli individui che vivono ai margini della società, e questo ha fatto di lei la collaboratrice ideale per questo progetto. Dopo lunghe ricerche nell’ambiente nel quale era ambientata la storia, e numerose interviste e colloqui con persone che venivano dallo stesso mondo dei protagonisti, è iniziato il vero lavoro di scrittura della sceneggiatura, la prima per entrambi gli autori.
Poco dopo Prasanna Vithanage, il maggiore regista contemporaneo dello Sri Lanka, è salito a bordo nei panni di produttore.
Il cast, composto prevalentemente da attori alla prima esperienza cinematografica o da non-professionisti – dall’avvocato al contadino, fino ai ragazzini di strada - è stato messo insieme dopo diverse settimane di ricerche e prove sotto la guida attenta di Damayanthi Fonseca, una delle maggiori attrici del paese.
L’obiettivo di tutti è stato quello di riflettere nel cast le diverse componenti etniche, religiose e culturali che formano la variegata popolazione dello Sri Lanka, e il set è diventato una sorta di pacifico microcosmo interrazziale in un paese tristemente sconvolto da conflitti etnici.
Dopo lunghe riprese nelle polverose e calde baraccopoli di Colombo prima, e nelle fredde strade tedesche poi, il film è stato completato.
Ruwanthie de Chickera
“Il mio coinvolgimento in questo film è stato messo a repentaglio da un DVD pirata. Due anni fa ricevetti una telefonata da Uberto Pasolini, nella quale Uberto mi chiedeva se fossi stata disposta a lavorare con lui su questo film. Io non avevo mai scritto una sceneggiatura cinematografica prima di allora, e quindi fui alquanto prudente e vaga nella mia risposta. Lui si era presentato come produttore di ‘The Full Monty’ e questo non aveva fatto altro che aumentare la mia reticenza: ‘The Full Monty’ è uno dei miei film preferiti e come era possibile che il suo produttore stesse chiamando proprio me?! Dopo la telefonata, il mio insito scetticismo mi ha portata verso la mia collezione di DVD, dove ho trovato la mia bella mia copia pirata da 150 rupie di ‘The Full Monty’ e dove ho cercato il nome di Uberto sulla copertina, ma in realtà non l’ho trovato. Anzi sotto “produttore” figurava un altro nome (ho scoperto solo in seguito che si trattava dell’attore protagonista!). A quel punto, ho liquidato la cosa pensando che si fosse trattato solo di uno scherzo (anche se alquanto bizzarro). La cosa sarebbe finita lì se io non avessi amato così tanto “The Full Monty” da rivederlo per l’ennesima volta. E quando sono arrivata ai titoli ho visto scorrere il nome di Uberto in qualità di produttore.
Ho ancora con me quella copia pirata e ho deciso che un giorno gliela regalerò.
Scrivere la sceneggiatura di ‘Machan’ è stato difficile soprattutto per due motivi: innanzitutto si trattava di una forma narrativa per me assolutamente nuova, visto che in precedenza avevo scritto solo testi teatrali. E pensavo che la mia immaginazione fosse capace di nutrirsi solo di parole e non di immagini. E quindi mi dicevo che avrei dovuto imparare a pensare visivamente. La seconda difficoltà era relativa al fatto di dover lavorare su una storia di qualcun altro e questa era una cosa inedita per me, e mi rendevo conto che le cose sarebbero potute andare malissimo.
Ma alla fine Uberto ed io abbiamo lavorato benissimo trascorrendo insieme tante ore, dal momento che durante il processo di scrittura ci siamo incontrati solo poche volte e quando succedeva stavamo insieme 12-15 ore di seguito, o in ufficio o in un ristorantino, a parlare della sceneggiatura e di nient’altro. Non era abituata a tutto questo continuo parlare con la stessa persona solo di una cosa, giorno dopo giorno. Ma Uberto era inarrestabile ed io volevo essere al passo con lui.
Una delle maggiori difficoltà è stata trovare la maniera giusta per raccontare questa storia, in modo da renderla interessante sia per il pubblico internazionale sia per quello locale. Sapevamo tutti che quello che alcuni considerano un cliché o una visione stereotipata viene considerato come un qualcosa di molto profondo da altri, e una cosa che appare interessante per gli uni è assolutamente inaccettabile per gli altri. E questo ha portato a lunghe e animate discussioni, alcune delle quali sono state risolte solo durante le riprese.
Naturalmente credevo nel messaggio politico che Uberto desiderava trasmettere con il suo film: ancora oggi la libertà di viaggiare non è un diritto riconosciuto universalmente, e mentre alcuni gruppi di persone hanno accesso a ogni singolo angolo del globo, le politiche relative al colore della pelle o all’economia fanno si che tantissime persone non avranno mai la possibilità di uscire dal Paese nel quale sono nati. E quando succede, lo fanno clandestinamente.
Di conseguenza, Uberto ed io, con questo film abbiamo cercato di mostrare al pubblico la vita di tutti coloro i quali, secondo una definizione basata solo sui pregiudizi, vengono definiti “immigrati clandestini”. I nostri 23 giovani uomini lasciano il paese spinti da motivazioni diverse. Ci sono persone che vogliono partire convinte che l’Occidente sia un luogo migliore nel quale vivere, ma ci sono anche quelli che lo fanno solo perché hanno bisogno di guadagnare di più per poter sopravvivere. Ci sono giovani che partono perché curiosi di scoprire com’è il resto del mondo, e altri che lo fanno perché giunti alla vecchiaia senza aver mai visto un paese che non fosse il loro; ci sono quelli che desiderano tornare a casa ancor prima di essere partiti e altri ancora che partono dopo aver sempre pensato di non volere mai lasciare la patria.
Naturalmente volevamo anche che tutto questo fosse descritto attraverso la lente dell’umorismo, l’essenza del quale è proprio nel punto di partenza del film, vale a dire l’invenzione della finta squadra di palla a mano che da’ l’avvio a tutta la storia. La sfacciataggine di questi 23 tizi che non solo hanno la sfrontatezza di farsi passare per giocatori di palla a mano per chiedere il visto, ma che hanno anche il coraggio – o meglio la stupidità - di disputare il torneo e giocare tre partite, invece di svignarsela immediatamente non appena giunti sul suolo tedesco, è a nostro avviso fantastica. E’ una follia che mi ha fatto molto ridere e mi fa ridere ancora oggi ogni volta che ci penso.
Per me, la natura stessa di questo piccolo atto di ribellione, la sua follia di fronte alle sofisticate leggi sull’immigrazione, è il tipo di spirito del quale abbiamo bisogno per sfidare i poteri senza volto e privi di senso dell’umorismo che dominano il nostro mondo.
La loro vittoria non è semplicemente la vittoria sulle leggi sbagliate che regolano l’immigrazione, ma è anche la vittoria della curiosità dell’uomo, della sua immaginazione e dell’insolenza di fronte a politiche senz'anima e regole sterili.”
Uberto Pasolini
“L’impulso di realizzare "Machan" nasce dalla scoperta di un fatto realmente accaduto – e assolutamente assurdo – che mi ha fatto venire voglia di affrontare la questione delle politiche sull’immigrazione dell’Occidente in maniera non didattica, ma piuttosto umoristica. La graduale accettazione da parte dell’Occidente della necessità di offrire asilo ai “rifugiati politici” (cosa che comunque non avviene ancora in maniera appropriata) è stata anche accompagnata da un aumento della demonizzazione di tutti coloro che desiderano entrare in Occidente allo scopo di migliorare la propria qualità di vita; coloro che oggi vengono etichettati come “finti rifugiati” o “immigrati clandestini” sono diventati da un lato il bersaglio di politiche miopi sull’immigrazione , e dall’altro vittime di trafficanti di esseri umani avidi e senza scrupoli.
Le politiche che regolano l’immigrazione in Occidente, spesso basate su sistemi a punti che valutano la “desiderabilità” o “l’utilità” di coloro che fanno richiesta di trasferimento, sono generalmente gestite solo a vantaggio del paese ospitante ma vanno direttamente contro le necessità dei paesi di origine di molti immigrati.
Le suddette politiche hanno contribuito a “rubare” ai paesi in via di sviluppo personale qualificato, che si tratti di medici o ingegneri, a favore di un Occidente che per decenni ha investito in modo inadeguato nei settori dell’istruzione e della formazione professionale. Inoltre queste politiche ignorano il valore che il lavoro degli immigrati meno qualificati ha per le economie occidentali e come le rimesse in patria dei lavoratori immigrati siano un ben piu’ efficente sistema di trasferimento di ricchezza rispetto a qualunque forma di aiuto internazionale.
Il film, ispirato ad eventi realmente accaduti, ci permette di affrontare questo delicato argomento in maniera umoristica, ricordando al pubblico la situazione disperata nei paesi di origine di tanti “illegali” che vediamo per le strade delle nostre città, e il fatto che ciò che li spinge a sbarcare sulle nostre coste non è il desiderio di sfruttare la nostra generosità ma quello di poter mantenere coloro che sono stati costretti a lasciare a casa.”
Prasanna Vithanage - Produttore
Quando il mio caro amico e collaboratore Priyath Liyanage mi ha chiamato da Londra dicendomi che il produttore di “The Full Monty” desiderava girare un film ambientato in Sri Lanka, la mia prima reazione è stata: ‘che cosa ne sa lui dello Sri Lanka, al punto da voler fare un film nel mio paese?’ Poi Priyath mi ha spiegato tutto e mi ha raccontato in breve la trama del film: un gruppo di disperati emarginati e poveri si fa passare per la Nazionale di palla a mano dello Sri Lanka solo per poter andare in Occidente.
Mi ha anche detto che il film era ispirato ad un evento realmente accaduto che aveva fatto parecchio scalpore. A quel punto mi sono venuti subito in mente i numerosi film pseudo-realisti sulle masse sfruttate e emarginate, realizzati da registi stranieri che non sanno nulla di quelle realtà. Ciononostante ero ansioso di incontrare di persona Uberto Pasolini, non foss’altro per il fatto che è nipote del leggendario Luchino Visconti, un regista per il quale nutro una profondissima ammirazione.
Quando l’ho incontrato, la prima cosa che mi ha colpito di lui è stato l’essermi trovato di fronte un ascoltatore attento, desideroso di imparare e assorbire più cose possibili su questa terra a lui sconosciuta. E così abbiamo percorso insieme le strade di Slave Island nel centro di Colombo, dove abbiamo mangiato dell’ottimo kottu roti comprato su una bancarella e abbiamo bevuto una birra in una sudicia bettola locale. Mi ha spiegato che desiderava realizzare un film nella lingua parlata dai personaggi, ma io gli ho risposto che in questo modo avrebbe perso una bella fetta, anzi la più grossa fetta, del mercato perché questa scelta lo avrebbe reso un film straniero difficile da vendere sui mercati occidentali. Ma lui ha insistito dicendo che desiderava essere il più vicino possibile alla realtà dei personaggi, avvicinandosi per certi versi ai grandi neorealisti italiani e alla loro maniera di raccontare le storie. Essendo anche io un regista che si è fortemente ispirato al neo realismo italiano soprattutto agli inizi della mia carriera, questa sua osservazione mi ha colpito profondamente. Poi Uberto ha aggiunto che stava pensando di lavorare con l’autrice teatrale Ruwanthie de Chickera, per la quale ho sempre nutrito personalmente una grande ammirazione.
Ad un anno di distanza dal nostro primo incontro, Uberto è venuto di nuovo a trovarmi, questa volta in compagnia di Ruwanthie e mi hanno informato che avevano terminato la scrittura della seconda versione della sceneggiatura, sulla quale volevano avere la mia opinione. Ed io gli ho detto la verità, vale a dire che la leggerezza da loro usata per trattare un tema così delicato mi era sembrata una boccata di aria fresca, ma non mi aspettavo certo che mi chiedessero di fare il produttore. E anche se avevo già avuto due esperienze di questo tipo, si era sempre trattato di film che io stesso avevo diretto. Non avevo mai fatto il produttore di un film scritto e diretto da altri, e anche se sapevo che tipo di lavoro sarebbe stato necessario per produrre un progetto simile, non ero preparato ad un’avventura di questa portata. A quell’epoca stavo pensando di dirigere un film con un produttore europeo, del quale avevo già scritto una prima versione. Ma Uberto è riuscito a convincermi che avrei dovuto fare prima il suo film e quindi ho accettato l’incarico, anche se all’inizio ero alquanto riluttante!
A quel punto abbiamo fondato una società di produzione e abbiamo operato come produttori indipendenti. Uberto ha visto migliaia di volti, ha incontrato centinaia di attori, ha fatto tantissimi provini prima di scegliere il cast definitivo. Non parlando la lingua locale, ha dovuto affrontare dei problemi enormi, ma ce l’ha fatta e credo che il rapporto migliore che si sia stabilito nel corso di questa produzione sia stato proprio quello tra Uberto e i suoi attori, e questo appare evidente sullo schermo.
E così siamo andati avanti con la nostra buona dose di difficoltà e problemi, cosa che accomuna tanti film. Poi abbiamo girato per un paio di settimane in Germania dove ho finalmente capito che sarei stato un produttore di gran lunga migliore se avessi avuto modo di conoscere e toccare con mano prima l’efficienza tedesca. E per restare fedeli all’auspicio di Uberto che desiderava portare sullo schermo la disperazione reale di alcuni lavoratori dello Sri Lanka e il loro desiderio di vivere una vita migliore, un membro del cast è scomparso dal camerino, ma è stato comunque abbastanza cortese da terminare le riprese prima di svanire nel nulla.
Ho visto la prima versione del film in DVD quattro mesi dopo la fine delle riprese e mi sono venute le lacrime agli occhi, perché mi sono immedesimato nei personaggi e nel loro disperato desiderio di cercare fortuna all’estero. Uberto ha sempre cercato di mostrarsi solidale con i personaggi sia nella scrittura, sia nelle riprese e sia nel montaggio, e sono fiero di aver partecipato alla realizzazione di un film che è riuscito a mostrare un qualcosa che non ha valore: la verità.
BIOGRAFIE DEI REALIZZATORI
Uberto Pasolini - Regista/Co-sceneggiatore/Produttore
Machan è il primo film da regista di Uberto Pasolini, che si occupa di cinema dal 1983 quando ha cominciato come runner in Tailandia per la produzione di Urla nel silenzio. Nel 1994 è diventato produttore indipendente e ha fondato la Redwave Films.
Il suo primo film da produttore è stato Palookaville, con Vincent Gallo, per la regia di Alan Taylor.
In seguito Uberto ha prodotto The Full Monty, film che ha incassato più di 250 milioni di dollari in tutto il mondo e che resta a tutt’oggi il maggior successo commerciale inglese - basato su materiale originale - di tutti i tempi.
Tra i tanti premi e riconoscimenti vinti dal film, ricordiamo il Donatello, il BAFTA, e la nomination all’Oscar come “Miglior Film” nel 1997.
Uberto ha poi prodotto Con la testa tra le stelle, scritto dall’acclamato autore televisivo William Ivory, seguito poi da I vestiti nuovi dell’imperatore, con Ian Holm.
Ruwanthie de Chickera - Co-sceneggiatrice
Ruwanthie de Chickera è un’autrice e regista teatrale dello Sri Lanka, le cui opere sono state messe in scena a Colombo, Bangalore, Mumbai, Londra, Manchester, Nuova Delhi, Manila, Tokyo, Washington e in Australia.
Le sue opere rispecchiano una profonda analisi della natura e dei comportamenti umani, e hanno vinto diversi premi internazionali. La sua prima opera, "Middle of Silence" è stata insignita del premio British Council International New Playwriting per l’Asia Meridionale e del premio Gratiaen come migliore opera inglese. E' stata inoltre la prima opera cingalese ad essere stata messa in scena nel West End (prodotta dal Royal Court Theatre).
Il debutto alla regia di Ruwanthie è avvenuto con “Two Times Two is Two”, del quale era anche l’autrice. Nel 2002 ha diretto "Filling the Blanks”, uno spettacolo scritto da cinque scrittori che è diventato poi la prima opera teatrale cingalese ad essere messa in scena durante il Commonwealth Games Cultural Festival (Manchester 2002). Nel 2003, ha diretto e co-scritto “The Mirror Making Factory” un’opera teatrale concepita insieme ai pazienti ricoverati al National Council for Mental Health.
Nel 2001, ha vinto la borsa di studio Presidential del Governo dello Sri Lanka, che le ha permesso di continuare gli studi all’estero. Nel 2002, è stata inserita nella pubblicazione ufficiale relativa ai festeggiamenti per il giubileo della Regina, per il contributo dato al teatro.
Prasanna Vithanage - Produttore
Prasanna Vithanage è un regista innovativo dotato di un grandissimo talento. I cinque film da lui diretti finora hanno vinto numerosi premi e riconoscimenti in tutto il mondo e in Sri Lanka. Il suo quarto film Purahanda Kaluwara (Death on a Full Moon Day) è a tutt’oggi il film cingalese di maggior successo da cinquant’anni a questa parte.
Attualmente è impegnato nella lavorazione del suo sesto film, che narra la storia di un’attrice dimenticata che deve fare i conti con il suo passato.
Conchita Airoldi - Produttrice
Conchita Airoldi è una produttrice italiana di grande esperienza che opera da più di 25 anni nel mondo dell’audiovisivo e del cinema. I film da lei prodotti hanno vinto premi e riconoscimenti e hanno ottenuto diverse candidature sia in Italia sia all’estero (David di Donatello, César, Golden Globes e gli Oscar solo per citarne alcuni). È stata produttrice e produttrice esecutiva di tante co-produzioni internazionali a cominciare da Il ventre dell’architetto di Peter Greenaway, passando poi per Titus di Julie Taymor, fino a il più recente Ne te retourne pas con Monica Bellucci e Sophie Marceau.
Per due anni, a partire dal 2004, è stata Presidente e Amministratore Delegato di StudioCanalUrania, il ramo italiano di StudioCanal, diventato poi StudioUrania.
Stefano Falivene – Direttore della fotografia
Stefano Falivene è stato il direttore della fotografia del pluripremiato Anche Libero Va Bene, che gli è valso il premio per la fotografia del Copenhagen International Film Festival. Tra gli altri suoi film ricordiamo Mary di Abel Ferrera; Uranya di Costas Kapakas e Una Talpa al Bioparco di Fulvio Ottaviano.
Masahiro Hirakubo – Montaggio
Masahiro Hirakubo ha iniziato la carriera come addetto al montaggio al reparto documentari della BBC e ha montato tra gli altri Everyman, Horizon e Under the Sun. Nel 1994 ha lasciato la televisione per collaborare con Danny Boyle alla realizzazione del film Piccoli omicidi tra amici seguito da Trainspotting, Una vita al Massimo e The Beach. Tra gli altri suoi film ricordiamo I vestiti nuovi dell’imperatore di Alan Taylor e Bullet Boy di Saul Dibb. Attualmente sta collaborando con Saul Dibb per The Duchess con Keira Knightley.
Errol Kelly - Scenografie
Lo scenografo e art director cingalese Errol Kelly ha al suo attivo diversi film tra cui Water di Deepa Mehta, le riprese in esterni di Indiana Jones e il tempio maledetto, Jungle Book II, Mother Teresa e Indocina. Il suo lavoro è stato candidato nel 2006 al premio GENIE, equivalente canadese degli Oscar.
Stephen Warbeck e Lakshman Joseph de Saram - Compositori
Stephen ha composto più di 50 colonne sonore, numerose opere radiofoniche e brani per concerti. Riguardo al cinema, ricordiamo la colonna sonora del pluripremiato Shakespeare in Love per il quale ha vinto l’Oscar, e altre collaborazioni con John Madden tra cui Il mandolino del Capitano Corelli, Proof e Mrs Brown. Tra i suoi film più recenti ricordiamo The Box Collector di John Daly.
Lakshman Joseph de Saram è un musicista solista, concertista, musicista da camera e compositore che si è occupato di tutti gli aspetti della musica e della composizione da quando ha debuttato in concerto a soli 13 anni di età. Vincitore del prestigioso premio Sarasaviya per la Migliore Colonna Sonora composta per Mille Soya diretto da Boodee Keerthisena, è stato anche l’autore della colonna sonora del film acclamato dalla critica Ira Mediyama, diretto da Prasanna Vithanage.
Le musiche da loro composte arricchiscono il film dei suoni autentici che riecheggiano per le strade dello Sri Lanka, messi ancor più in evidenza dalle note rauche di una tromba papare.
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