ROMA (UNONOTIZIE.IT)
Dalle Olimpiadi di Monaco del '72 all'attentato di oggi contro la nazionale di cricket dello Sri Lanka, in Pakistan, lo sport è spesso teatro di morte.
La sottile linea rossa, nello sport, é una striscia di sangue che collega atleti, squadre, tornei di tutto il mondo colpiti dalla violenza, terroristica e non solo. Dalle Olimpiadi di Monaco del '72 all'attentato di oggi alla nazionale di cricket dello Sri Lanka, in Pakistan, lo sport è spesso teatro di morte. Perché la trasversalità del suo messaggio è palcoscenico ideale per gesti dimostrativi, ma alle volte anche pretesto per contrapposizioni violente.
La madre di tutte le stragi è quella del 5 settembre 1972: alle 4:30 del mattino un gruppo di terroristi armati dell'organizzazione araba Settembre Nero fece irruzione nella palazzina del villaggio olimpico di Monaco dove alloggiavano atleti di Israele, Hong Kong e Uruguay. Diciassette persone (11 israeliani, 5 terroristi e un agente tedesco) moriranno nell'azione terroristica, durata 20 ore e conclusasi con una sparatoria all'aeroporto.
Nel maggio 2002, il cricket aveva già offerto le sue vittime: un'autobomba esplode a Karachi, in Pakistan, di fronte all'Hotel dove alloggia la nazionale della Nuova Zelanda, provocando la morte di 13 persone (nessun atleta) e il ritorno in patria della squadra.
Un anno fa, la più importante gara motoristica del mondo a tappe, l'edizione 2008 Dakar, è costretta a non prendere il via e a traslocare dall'Africa in Argentina e Cile a partire dal 2009, per le concrete minacce di attentati terroristici.
Si passa invece ai fatti nei Mondiali di ciclismo dell'ottobre '97: a San Sebastian (Spagna) esplode un'autobomba a
Bomba terroristica anche alle Olimpiadi Atlanta: nel luglio 1996 nel Parco del Centenario, muoiono due persone e 110 rimangono ferite. Ad evitare una strage ancora più pesante la telefonata che aveva preannunciato l'esplosione dell'ordigno, confezionato con chiodi e viti.
Lo stesso anno nelle mire dei terroristi finisce anche il calcio: il 15 giugno a Manchester, una delle sedi degli Europei di Inghilterra, un furgone imbottito di esplosivo scoppia in Corporation street: 206 i feriti la maggior parte colpiti da schegge di vetro. L'Ira rivendica.
Più grave, indietro nel tempo, il gesto ai Mondiali di Spagna '82: il 13 giugno, giorno della partita inaugurale, l'Eta uccide con un colpo di fucile un agente della guardia civile a Pasajes, vicino San Sebastian: i terroristi baschi avevano fatto sapere che avrebbero colpito in concomitanza col torneo.
Ancora violenza sul palcoscenico dei Giochi, ma non per mano dei terroristi, a Messico '68: tra il 2 e il 3 ottobre, dieci giorni prima del via, l'esercito spara sulla folla di studenti che contestavano in Piazza delle Tre Culture, a Città del Messico. Fu una strage, altissimo il numero dei morti benché mai ufficialmente certo.
Fu invece guerra vera e propria - la prima Guerra del calcio - quando nel '69 El Salvador e Honduras si affrontano a Citta' del Messico nello spareggio della semifinale di qualificazione al Mondiale di calcio del '70, gara vinta 3-2 dai salvadoregni e seguita da una vera e propria guerriglia tra le tifoserie, che danno sfogo a rivalità nazionalistiche e tensioni politiche: poche ore dopo il governo dell'Honduras rompe le relazioni diplomatiche col Paese confinante, preludio a un conflitto tra i due Paesi durato sei giorni.
Il Comitato Nazionale Italiano Fair Play condanna questa logica terroristica dove lo sport è spesso teatro di morte. Perché la trasversalità del suo messaggio è palcoscenico ideale per gesti dimostrativi, ma alle volte anche pretesto per contrapposizioni violente.
Giorgio de Tommaso
Segretario Generale CNIFP - Italia
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