VITERBO (UNONOTIZIE.IT)
Il Comitato direttivo di Confagricoltura Viterbo – Rieti ha dato pieno mandato al Presidente confederale Federico Vecchioni di rappresentare al presidente del Consiglio dei Ministri On. Silvio Berlusconi lo stato di crisi che grava sull’agricoltura locale, e più in generale italiana, nel contesto della complessiva situazione di recessione dell’intera economia nazionale.
L’agricoltura produttiva è infatti parte integrante dell’economia reale, motore di sviluppo e fattore di equilibrio nelle congiunture più sfavorevoli.
Tuttavia, come si temeva e come aveva segnalato prima dell’estate scorsa Luigi Pasqualetti presidente di Confagricoltura Viterbo - Rieti, le difficoltà stanno degenerando in criticità strutturali che richiedono interventi correttivi coerenti, solo in parte motivati dall’emergenza.
L’agricoltura, più di altri comparti, necessita di un quadro stabile dal momento che non ha la flessibilità degli altri settori: non può interrompere la produzione, non può sospendere le lavorazioni, non fruisce di ammortizzatori sociali.
Riteniamo che la politica possa e debba dedicare tutto il suo impegno per comprendere l’entità della crisi che interessa il settore agricolo come dimostrato ampiamente dai dati statistici.
Costi di produzione in salita (+31% dal 2000 al 2008), prezzi all’origine dei prodotti statici (+15% sempre dal 2000 al 2008), bilancia agro alimentare in deficit strutturale per oltre 9 miliardi di euro.
In questo quadro obiettivamente negativo destano particolare preoccupazione alcuni dossier che richiedono un intervento politico deciso e risolutivo nella direzione degli interessi delle imprese.
In primo luogo la questione della conversione del decreto legge sulle quote latte che prevede un’impostazione non condivisibile in via di principio laddove si rischia di determinare sperequazioni a danno dei produttori che hanno in passato prodotto latte nel rispetto dei quantitativi di riferimento loro assegnati o acquisiti in altra forma (acquisto, affitto etc.).
La manovra economica ha poi trascurato il rinnovo delle agevolazioni previdenziali ex L. 81/2006 per le zone montane e svantaggiate.
Ancora, la manovra ha omesso lo stanziamento di adeguate risorse per il Fondo di Solidarietà nazionale per favorire l’accesso alle assicurazioni agevolate da parte delle imprese agricole. Uno strumento essenziale soprattutto per alcuni settori chiave come l’ortofrutta e il vitivinicolo.
Se a queste tessere del mosaico si aggiungono gli insufficienti riscontri:
- sulla promozione del comparto energetico,
- sugli incentivi per la ricerca e l’innovazione nelle imprese agricole,
- sulla difficile fase di ristrutturazione del settore del tabacco e di quello bieticolo saccarifero,
- sugli strumenti per fronteggiare la difficile congiuntura di mercato per cereali, prodotti zootecnici, nocciole ed olio di oliva,
- sulle dotazioni finanziarie necessarie al funzionamento dell’AGEA, responsabile dei pagamenti diretti comunitari,
si può a buon diritto affermare come manchi ormai un disegno di politica agricola nazionale ed una attenzione verso quelle Piccole e Medie Imprese che costituiscono la spina dorsale dell’economia del Paese.
Anche perché è mancata la prevista rivisitazione del sistema pubblico che tanta parte ha avuto ed ha tuttora nel determinare il gravoso carico burocratico-amministrativo delle imprese agricole italiane pari a oltre cento giornate l’anno per rispettare tutti gli adempimenti previsti dalle norme.
Su tutte queste problematiche si ritiene urgente l’intervento del Governo per ripristinare le condizioni minime di competitività del settore.
Una serie di interventi “anti crisi”, in analogia a quelli già previsti per gli altri comparti produttivi, che consentirebbero alle vere imprese agricole “trainanti” un deciso recupero di competitività.
La mobilitazione, promossa da Confagricoltura interpretando correttamente il malessere degli imprenditori associati, costituisce un’azione di sollecitazione alle istituzioni che non vuole essere antigovernativa ma che è richiesta dalla delicatezza della situazione e dalla difficoltà della congiuntura in cui si trovano ad operare le imprese del settore.
Un’azione cui non si può rinunciare e che costituisce ad avviso della Confagricoltura la vera priorità di un’azione di rappresentanza sindacale che mira, nell’assoluto reciproco rispetto dei ruoli, al dialogo ed al confronto per evidenziare tutte le situazioni che richiedono interventi adeguati e risolutivi.
Per rilanciare un settore agricolo che fa parte a pieno titolo del sistema economico nazionale.
Nell’interesse delle imprese e del Paese.
Il Comitato direttivo di Confagricoltura Viterbo – Rieti ha dato pieno mandato al Presidente confederale Federico Vecchioni di rappresentare al presidente del Consiglio dei Ministri On. Silvio Berlusconi lo stato di crisi che grava sull’agricoltura locale, e più in generale italiana, nel contesto della complessiva situazione di recessione dell’intera economia nazionale.
L’agricoltura produttiva è infatti parte integrante dell’economia reale, motore di sviluppo e fattore di equilibrio nelle congiunture più sfavorevoli.
Tuttavia, come si temeva e come aveva segnalato prima dell’estate scorsa Luigi Pasqualetti presidente di Confagricoltura Viterbo - Rieti, le difficoltà stanno degenerando in criticità strutturali che richiedono interventi correttivi coerenti, solo in parte motivati dall’emergenza.
L’agricoltura, più di altri comparti, necessita di un quadro stabile dal momento che non ha la flessibilità degli altri settori: non può interrompere la produzione, non può sospendere le lavorazioni, non fruisce di ammortizzatori sociali.
Riteniamo che la politica possa e debba dedicare tutto il suo impegno per comprendere l’entità della crisi che interessa il settore agricolo come dimostrato ampiamente dai dati statistici.
Costi di produzione in salita (+31% dal 2000 al 2008), prezzi all’origine dei prodotti statici (+15% sempre dal 2000 al 2008), bilancia agro alimentare in deficit strutturale per oltre 9 miliardi di euro.
In questo quadro obiettivamente negativo destano particolare preoccupazione alcuni dossier che richiedono un intervento politico deciso e risolutivo nella direzione degli interessi delle imprese.
In primo luogo la questione della conversione del decreto legge sulle quote latte che prevede un’impostazione non condivisibile in via di principio laddove si rischia di determinare sperequazioni a danno dei produttori che hanno in passato prodotto latte nel rispetto dei quantitativi di riferimento loro assegnati o acquisiti in altra forma (acquisto, affitto etc.).
La manovra economica ha poi trascurato il rinnovo delle agevolazioni previdenziali ex L. 81/2006 per le zone montane e svantaggiate.
Ancora, la manovra ha omesso lo stanziamento di adeguate risorse per il Fondo di Solidarietà nazionale per favorire l’accesso alle assicurazioni agevolate da parte delle imprese agricole. Uno strumento essenziale soprattutto per alcuni settori chiave come l’ortofrutta e il vitivinicolo.
Se a queste tessere del mosaico si aggiungono gli insufficienti riscontri:
- sulla promozione del comparto energetico,
- sugli incentivi per la ricerca e l’innovazione nelle imprese agricole,
- sulla difficile fase di ristrutturazione del settore del tabacco e di quello bieticolo saccarifero,
- sugli strumenti per fronteggiare la difficile congiuntura di mercato per cereali, prodotti zootecnici, nocciole ed olio di oliva,
- sulle dotazioni finanziarie necessarie al funzionamento dell’AGEA, responsabile dei pagamenti diretti comunitari,
si può a buon diritto affermare come manchi ormai un disegno di politica agricola nazionale ed una attenzione verso quelle Piccole e Medie Imprese che costituiscono la spina dorsale dell’economia del Paese.
Anche perché è mancata la prevista rivisitazione del sistema pubblico che tanta parte ha avuto ed ha tuttora nel determinare il gravoso carico burocratico-amministrativo delle imprese agricole italiane pari a oltre cento giornate l’anno per rispettare tutti gli adempimenti previsti dalle norme.
Su tutte queste problematiche si ritiene urgente l’intervento del Governo per ripristinare le condizioni minime di competitività del settore.
Una serie di interventi “anti crisi”, in analogia a quelli già previsti per gli altri comparti produttivi, che consentirebbero alle vere imprese agricole “trainanti” un deciso recupero di competitività.
La mobilitazione, promossa da Confagricoltura interpretando correttamente il malessere degli imprenditori associati, costituisce un’azione di sollecitazione alle istituzioni che non vuole essere antigovernativa ma che è richiesta dalla delicatezza della situazione e dalla difficoltà della congiuntura in cui si trovano ad operare le imprese del settore.
Un’azione cui non si può rinunciare e che costituisce ad avviso della Confagricoltura la vera priorità di un’azione di rappresentanza sindacale che mira, nell’assoluto reciproco rispetto dei ruoli, al dialogo ed al confronto per evidenziare tutte le situazioni che richiedono interventi adeguati e risolutivi.
Per rilanciare un settore agricolo che fa parte a pieno titolo del sistema economico nazionale.
Nell’interesse delle imprese e del Paese.
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