Napoli ultime news www.UnoNotizie.it - Non è neppure entrato in
vigore che un giudice ne inibisce l'utilizzo. Stoppato il nuovo redditometro
che a partire fra qualche giorno metterà sotto la lente d'ingrandimento le dichiarazioni
dei redditi del 2010. Il giudice Antonio Lepre del Tribunale di Napoli, sezione
distaccata di Pozzuoli, con un'ordinanza resa nel procedimento 250/13, che farà
certamente discutere, disapplica il decreto del ministero dell'Economia 24
dicembre 2012 perché ritenuto non conforme alla legge.
Nel caso di specie, rileva Giovanni
D'Agata, fondatore dello Sportello dei diritti,
il giudice unico ha accolto il ricorso cautelare di un pensionato applicando
alla lettera l’articolo 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, che
stabilisce che il giudice non può applicare gli atti amministrativi e i
regolamenti non conformi alla legge.
Secondo l'ordinanza, il redditometro
rientra in questa categoria poiché sarebbe in contrasto con una serie di
principi costituzionali, a partire da quello del buon andamento della pubblica
amministrazione, ed inoltre, violerebbe una serie di diritti fondamentali della
persona, tutelati anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea e tra questi, in particolare, il diritto alla riservatezza. Ritenuta
valida, quindi, la tesi difensiva secondo cui lo strumento ideato dal governo è
troppo invasivo.
Tant'é che il togato ha considerato il decreto ministeriale
«radicalmente nullo». In conseguenza di tanto, non sussistono i presupposti in
base ai quali l’Agenzia delle Entrate può eseguire gli accertamenti
sintetici. E così, il Tribunale in questione ordina al Fisco di non
intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione, o comunque attività di
conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall’articolo
38, quarto e quinto comma, dpr 600/73 a carico del ricorrente.
E di cessare
eventualmente ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere
relativi alla posizione del ricorrente. Ma v'é di più: in capo
all’Agenzia scatta l'obbligo di comunicare formalmente al contribuente
se è in atto un'attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell’
applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i
relativi archivi. Ma perché il giudice ritiene il redditometro «radicalmente
nullo»?
In primo luogo perché
incide pesantemente sulla sfera privata del cittadino. Con il monitoraggio
delle spese, infatti, si possono conoscere anche gli aspetti più privati della
vita del contribuente, comprese ad esempio le spese per cure mediche. E il
redditometro finirebbe per passare al setaccio anche le spese per soggetti
diversi dal contribuente, innanzitutto i familiari (ma anche no).
In secondo
luogo, ne risulta difficile l’attuazione, perché di fatto obbliga il
cittadino a conservare la prova non di questa o quella voce si spesa, ma di
tutti gli esborsi della famiglia che viene messa sotto la lente d'ingrandimento
del Fisco. In tal senso, risulta assai gravoso fornire la prova di aver speso
di meno della media Istat. E soprattutto il decreto non distingue fra grandi
città e piccoli centri, fra i quartieri delle metropoli, ignorando così le differenze
territoriali del Paese.
In ultimo, rileva il
giudice, c'è un aspetto non secondario che riguarda la tutela del risparmio:
«Sarà considerato lecito esclusivamente il risparmio che sia compatibile con
criteri di spesa del tutto astratti e avulsi dalla realtà».