In un mercato globalizzato in cui si spacciano come made in Italy i pomodori cinesi, il gorgonzola dalla Svezia il “pamesao” dal Brasile, il sugo di San Marzano dagli Usa e il Salam Napoli dalla Romania era urgente uno stop all’olio con il passamontagna.
“Le frodi – ha dichiarato il presidente dell'Unaprol Massimo Gargano -mettono a rischio un patrimonio ambientale di oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che assicura un impiego di mano d'opera per circa 50 milioni di giornate lavorative all'anno con un fatturato di oltre 2 miliardi di euro”.
Con i metodi di analisi classici non è possibile identificare l’origine e la composizione varietale dell’olio ma con la legge “salva made in Italy” in via di approvazione in Parlamento e con i nuovi metodi di analisi messi a punto da Università e CNR di Perugia, sarà molto più difficile fare giochi di prestigio con l’olio extra vergine d’oliva.
Un gruppo di ricercatori coordinati dal prof. Maurizio Servili, Luciano Cruciali dell’Università di Perugia e Luciana Baldoni del Cnr ha testato nuovi metodi di analisi per distinguere l’origine e le diverse varietà presenti negli oli extra vergini d’oliva. La ricerca Unaprol-Mipaaf , in particolare, ha permesso di sviluppare un metodo di analisi molecolare dell’olio basato sull’impiego di marcatori Dna.
Con questa procedura si è in grado di distinguere varietà d’olivo non italiane dei Paesi dai quali vengono importate grandi quantità di olio. Il metodo è stato applicato su diversi campioni di origine italiana consentendo di accertare l’assenza di contaminazione con varietà provenienti da Spagna, Grecia e Tunisia. I dati raccolti ed elaborati, relativi agli aspetti in grado di discriminare l’origine degli oli, verranno gestiti attraverso un sistema di gestione (Gis) che consentirà, tramite interrogazione, di collocare il prodotto da un punto di vista geografico. L’applicativo Gis appare lo strumento più efficace per la gestione delle informazioni di natura diversa e per incrociare le informazioni derivanti da data base relativi alla tracciabilità tradizionale.
Antonella Fiorito