Il documentario racconta il Messico attraverso la voce dei suoi protagonisti: “i migranti, vittime di narcos; le donne di Ciudad Juarez, mare di sangue al confine con il Texas, e di tante altre località le cui figlie, sorelle, amiche sono finite nel gorgo senza fine del femminicidio; le donne schiavizzate nelle maquiladoras statunitensi; i campesinos del Chiapas e di altri territori rurali espropriati, esclusi, perseguitati da forze armate più o meno istituzionali al servizio delle poche decine di latifondisti che controllano il 97% della terra; i giovani senza lavoro, senza diritti, senza paura”. E parlano anche gli intellettuali, i militanti di organizzazioni, eredi della grande rivoluzione di Zapata e Villa, le associazioni di donne che sfidano il terrorismo di Stato e dei narcos, i protagonisti delle rivolte di Oaxaca e Atenco e i campesinos zapatisti “tutta una società messicana – spiega Grimaldi – con in testa le donne, che, pur nella debolezza dei partiti della sinistra tradizionale, non sembra rassegnata alla distruzione della propria nazione, all’obliterazione dei propri diritti, a un modello economico imperiale fondato su miseria e sangue”.
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