FIAT, DURANTE: ''DOPO SCONFITTA TORNARE IN FABBRICA / fiducia in Cgil, è in ottime mani con Camusso''. Ultime notizie - Torino -
Quale sconfitta gratificante, abbiamo perso al referendum e ora dobbiamo ritornare in fabbrica per tutelare i lavoratori, sia quelli che hanno votato No all’accordo separato sia quelli che hanno votato Si’ per paura: spero che il gruppo dirigente della Fiom sappia correggere la sua linea e che non si arrivi ad interventi traumatici. Ho fiducia nella Cgil: con Susanna Camusso e’ in ottime mani.

A parlare e’ il segretario nazionale della Fiom, Fausto Durante per il quale la questione prioritaria e’ il ‘ritorno in fabbrica’ e che questo avvenga con una firma tecnica, con una firma con riserva o altro, non importa: “quel che  urge – avverte – e’ assicurare la tutela sindacale ai lavoratori con i nostri delegati, tutela che si fa stando dentro e non fuori della fabbrica”. Una vicenda che ricorda il 1955 quando all’indomani della sconfitta alle elezioni delle commissioni interne alla Fiat, Giuseppe Di Vittorio non solo ammise la sconfitta (“Diciamolo francamente, non ci siamo riusciti”)  ma affido’ la Fiom a Bruno Trentin per ‘il ritorno in fabbrica’ e Trentin rimise in pista la Fiom.

“Le cose andarono cosi’ e diedero ragione a Di Vittorio, non c’e’ dubbio – rimarca Durante – Mi auguro pero’ che ad interventi traumatici analoghi non si arrivi”. Eppure c’e’ chi ravvede nella Cgil della Camusso una linea assai incerta a differenza della Fiom di Landini. “Linea incerta della Cgil? Velleita’ belle e buone! Di assai incerto e’ il pulpito da cui viene questa critica, Fausto Bertinotti. Basta vedere i risultati conseguiti sul campo:  un partito sparito dal Parlamento (Rifondazione Comunista) nonostante avesse un ministro e alcuni sottosegretari  e la Presidenza della Camera nel Governo di centro-sinistra di Romano Prodi”. Dopodiche, Durante non si fa alcun scrupolo a dire: “la linea riformista, quella maggioritaria nella Cgil della Camusso, e’ in continua crescita nella Fiom, i consensi aumentano: siamo passati dal 18 al 27% dei membri del Comitato Centrale”.

E aggiunge: “la linea della maggioranza di Landini e di Cremaschi (all’opposizione nella Cgil) ha provocato finora un accordo separato sul contratto nazionale di lavoro, un accordo separato sulla deroga al contratto nazionale stesso e due accordi separati alla Fiat di Pomigliano e Mirafiori. Questa deriva corporativa va fermata”. Se si guarda, viceversa, alle altre categorie dell’industria (chimici, tessili, edili etc), si scopre che “tutte riconoscendosi nella linea della Cgil hanno portato a casa il loro contratto nazionale di lavoro: su questo e’ bene che il gruppo dirigente della la Fiom si interroghi, ossia sull’efficacia della sua linea”.

Ma si dice che se alla Fiat l’accordo non e’ stato possibile per volere dell’ad Sergio Marchionne e della sua linea autoritaria, anzi saremmo gia’ in presenza di un regime autoritario. “Non c’e’ nessun regime autoritario imminente che cancelli liberta’ e diritti. E non c’e’ alcuna svolta autoritaria nel sistema delle imprese: non mi risulta che ci siano imprenditori allineanti o alleati di Marchionne – ribatte deciso Durante – Siamo, questo si’, davanti ad un accordo sbagliato e regressivo che intacca consuetudini e diritti affermati non dalla legge ma da una costituzione formale: l’errore sta nella denuncia e basta.

Abbiamo perso, bisogna riconoscerlo e rimboccarsi le mani per tornare a fare il nostro mestiere dentro non fuori la fabbrica per tutelare i lavoratori con i n ostri delegati”. Insomma, il sindacato non puo’ abdicare al suo ruolo di contrattare e contrattare fino all’ultimo momento, troppo facile chiamarsi fuori o perseguire altre strade come il ricorso alla magistratura. “Abbiamo l’obbligo di stare il fabbrica – precisa ancora Durante – e di contrattare sempre e comunque tenendo bene a mente ogni volta i rapporti di forza.

Il ricorso al giudice del lavoro non deve diventare la linea prevalente cui affidare il futuro della rappresentanza: ricorrervi e’ una strada praticabile, per carita’, ma non e’ l’unica praticabile e se lo dovesse diventare vorrebbe dire abdicare al nostro ruolo di sindacale. Ricorrervi non esclude che noi si faccia, come siamo obbligati, a ricercare soluzioni, mediante la contrattazione, per tornare dentro la fabbrica: cio’ la chiede il nostro mestiere”.  

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