Prima conferenza programmatica sullo stalking. A un anno dalla legge voluta dal ministro alle Pari opportunità Mara Carfagna, che ha già permesso 5200 denunce e oltre mille arresti. Il reato di atti persecutori e molestie insistenti è stato introdotto con il decreto anti-stupri del 23 febbraio 2009, n. 11, poi convertito in legge dalla L. 23 aprile 2009, n. 38. Organizzata dall'Icri dell'avvocato Claudio Panarella, è stata l'occasione per presentare lo spot televisivo che andrà in onda sulle principali reti televisive nazionali e il centro antistalking che si prefigge di avviare sul territorio campano un'antenna informativa, di consulenza e di assistenza, e un sistema di coordinamento e formazione per gli specialisti del settore (vedere anche scheda in pagina). Il Denaro ha intervistato lo psichiatra Piero Prevete, responsabile del progetto, direttore del dipartimento Sanità dell'Icri.


Claudio d'Aquino


Dottor Prevete, qual è la traduzione più efficace del termine stalking?
La parola deriva dell'inglese gergale della caccia. To stalk significa appostarsi nell'ombra, controllare ogni movimento della preda, inseguirla furtivamente. Lo stalker è, per traslato, un cacciatore accanito. Comincia con le attenzioni insistenti, poi la pressione psicologica sulla "vittima" diventa così pervicace da trasformarsi in persecuzione. L'insieme dei suoi comportamenti si configura come reiterata intrusione nella vita privata della vittima alla ricerca ossessiva di un contatto personale.

Quanto può durare la sua azione molesta?
Quanto più intenso è l'investimento ideo-affettivo, tanto più prolungate sono le molestie nel tempo. Se ci sono figli in comune, l'investimento è maggiore e la persecuzione dura di più.

Che consigli possiamo dare a chi è vittima di stalking?
Anzitutto non nascondere il problema a causa del disagio che si vive. La pressione psicologica, e talora anche fisica, limita la libertà morale e relega chi la subisce in uno stato di prostrazione e di paura. Ma all'inizio il comportamento persecutorio esordisce con manifestazioni delicate. Si sottovaluta il rischio proprio perché si scambiano tali manifestazioni per attenzioni di un corteggiatore accanito, ma tutto sommato galante.

E invece cosa si dovrebbe fare?
Se la molestia consiste nella richiesta di ristabilire o di iniziare una relazione indesiderata, bisogna essere fermi e chiari nel dire no. In maniera irrefutabile, senza lasciare spazi a diverse interpretazioni. Insomma, non lasciar correre, ma restituire il mazzo di fiori o il cadeau. Accettarli per buona educazione può essere il primo passo falso, dopo c'è l'effetto valanga.

E il secondo passo falso?
Qualsiasi sforzo di convincere il persecutore a demordere, anche se apparentemente sembra bisognoso d'aiuto e di comprensione, viene letto come un fare breccia nel muro della sua indifferenza. E ciò costituisce un rinforzo dell'azione o della pressione persecutoria. La cedevolezza viene interpretata come segnale d'attenzione per lo stalker, che di solito vive una distorsione della realtà.

Può capitare di perdere la pazienza, però…
Sbagliato. Mai manifestare rabbia, anche se è difficile se si è sotto stress. Lo stalker riceve un incoraggiamento sia dalla paura che dalla rabbia della sua vittima, sentimenti che gli danno la sensazione di essere dominante. La strategia migliore è invece l'indifferenza.

Molti assalti sono condotti tramite il telefono, gli sms, l'email. Non è cosi?
Mai sbattere il telefono o rispondere con insulti e imprecazioni. Alimentano lo stalking come benzina sul fuoco. Meglio attivare una seconda linea, prendere un'altra carta sim, cambiare casella di posta elettronica. Meglio ancora rispondere di tanto in tanto, registrando le telefonate. La telefonata andata a segno è un cuscinetto che compensa lo stalker e lo dissuade dal fare peggio. E' importante però ampliare la frequenza delle risposte nel tempo, progressivamente. Cioè rispondere dopo due giorni, poi dopo tre, poi dopo una settimana. Perché l'azione di stalking tende ad attenuarsi nel tempo.

Conviene tenere il diario delle molestie ricevute?
Un resoconto dettagliato serve anzitutto per denunciare lo stalker, cosa che oggi si fa con meno timore. Oppure per prevenire una denuncia da parte dello stalker, cosa che può accadere come sua ultima chance, specie se è un ex, per risultare lui come vittima dinanzi alle forze dell'ordine. La traccia minuziosa dei contatti è utile per stabilire chi è veramente il carnefice.

Bisogna cambiare le proprie abitudini? Fino a che punto?
Se si ha certezza di essere seguiti, meglio uscire e rientrare cambiando orari, meglio in quelli di maggiore presenza di persone in strada. Valutare il caso di prendere un cane addestrato alla difesa, che funge da deterrente. Meglio avere un cellulare a portata di mano per chiedere aiuto a un numero di pronto intervento.

Andare a vivere dai genitori o da amici per cambiare aria?
Non è consigliabile. Non è raro infatti il caso che lo stalker, come per induzione, estanda l'azione molestatrice sui parenti o sugli amici. Sui parenti soprattutto quando c'è stata una relazione troncata.

Riassumendo, la regola aurea per prevenire lo stalking?
Prevenire è meglio che subire. La condotta molesta solitamente si impianta su una frequentazione che si instaura con la vittima, cosa che rende tardiva la denuncia. Riconoscere lo stalker potenziale è importante. Non proviene da un ambiente degradato, di basso profilo sociale e culturale, ma solitamente una persona con titoli di studio e ben inserita nella società.

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