“In due ore, senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare. E ciò perché – ha continuato - ritenuto colpevole di stillicidio, di distinguo o contrarietà” nei confronti del governo, “critica demolitoria alle decisioni del partito”, “attacco sistematico al ruolo e alla figura del premier”. Inoltre – rimarcato Fini - avrei “costantemente formulato orientamenti e persino, pensate che misfatto, proposte di legge che confliggono col programma elettorale”. La concezione non propriamente liberale della democrazia che l’onorevole Berlusconi dimostra di avere, emerge anche dall’invito a dimettermi, perché “allo stato è venuta meno la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezionì’’.
“Ovviamente non darò le dimissioni, perché è a tutti noto che il presidente deve garantire il rispetto del regolamento e l’imparziale conduzione dell’attività della Camera, non deve certo garantire la maggioranza che lo ha eletto. Sostenerlo dimostra una logica aziendale, modello amministratore delegato-consiglio d’amministrazione, che di certo non ha nulla a che vedere con le nostre istituzioni”.
”Ringrazio i tantissimi cittadini – ha aggiunto - che in queste ore difficili mi hanno manifestato la loro solidarietà e mi hanno invitato a continuare nella difesa di valori irrinunciabili, quali l’amor di patria, la coesione nazionale, la giustizia sociale, la legalità: Legalità intesa nel senso più pieno del termine, cioè lotta al crimine, come meritoriamente sta facendo il governo, ma anche legalità intesa come etica pubblica, senso dello Stato, rispetto delle regole”.
E così, conclusa con la separazione questa fase di vita politica, Fini ne riapre un’altra con la fondazione di "Futuro e libertà", portando con sé 35 deputati e una decina di senatori che sono usciti dal Pdl.
Ed è arrivata veloce come un fulmine la risposta del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato ai “Promotori della libertà”. La responsabilità della rottura è da ascrivere interamente a Gianfranco Fini e ai suoi uomini: loro "hanno provocato questa insanabile divaricazione". Questo è quanto afferma Silvio Berlusconi nel suo audiomessaggio. "Ieri abbiamo dovuto compiere una scelta difficile, ma ormai inevitabile - spiega Berlusconi ai suoi sostenitori - perché "così non si poteva più andare avanti". E sull’ipotesi di tornare alle urne, Berlusconi è chiaro. "Abbiamo i numeri per andare avanti. Abbiamo ben chiaro – ha continuato il premier - il programma da completare e, grazie a questa scelta sofferta ma necessaria, siamo nelle condizioni di governare più sereni e nella chiarezza".