Solvay Spinetta Marengo ultime notizie Alessandria - www.UnoNotizie.it - Prima deposizione  del processo Solvay di Spinetta Marengo (AL), nell’udienza del 17 aprile 2013, Alberto Maffiotti è stato un teste chiave nella sua veste dal 2006 di direttore provinciale dell’ARPA (Agenzia regionale protezione ambientale).

Ha sfogliato documenti su documenti, dei 20 massicci faldoni che contengono le prove dell’avvelenamento di una delle maggiori falde acquifere del Piemonte e della omessa bonifica del polo chimico.

Avvelenamento delle acque somministrate ai dipendenti, avvelenamento dei pozzi privati e dell’acquedotto di Alessandria a mezzo di cromo esavalente, arsenico, antimonio, nichel, cloroformio, selenio, DDT, fluorurati, solfati, idrocarburi, metalli pesanti eccetera.

Omessa bonifica delle discariche illegittime non autorizzate né denunciate, i cui veleni sotterrati  ancora oggi dilavano nella falda sotterranea.

Entrambi i reati commessi con dolo avendo nascosto agli enti pubblici la reale portata degli inquinamenti tossici e cancerogeni, e fatto nulla per eliminarli o soltanto ridurli, anzi, agendo con condotte delittuose per nascondere e falsificare documenti, analisi e dati eco sanitari, in ciò provocando malattie e morti fra centinaia di persone che si sono costituite parti civili  anche con il patrocinio di Medicina democratica.

Dunque dolo, fraudolenza, volontà di delinquere: Dante avrebbe collocato gli otto imputati nei  gironi più bassi dell’Inferno. La Corte di Assise, più modestamente, può condannare anche a 15 anni di reclusione, a risarcire le vittime e  soprattutto a bonificare la bomba ecologica a rilascio centenario.

Il Direttore dell’Arpa, tramite i documenti nascosti dall’azienda e sequestrati dal pubblico ministero Riccardo Ghio,  ha mostrato alla Giuria presieduta da Sandra Casacci, giudice a latere Gianluigi Zulian, che i dirigenti Solvay (ex Ausimont) non solo per decenni avvelenavano, ma sapevano che stavano avvelenando, consapevolmente come e quando, anzi minimizzavano le analisi agli enti pubblici, anzi le nascondevano, anzi le falsificavano prima e addirittura dopo il 2008, quando prese avvio la fase processuale.

Emblematico, fra i numerosi documenti occultati e sequestrati, è stata l’esibizione in aula  della mail con cui Solvay cercava di nascondere alle autorità che il catastrofico inquinamento era ben oltre i confini dello stabilimento ma raggiungeva il fiume Bormida e la città.

La mail in oggetto non fu redatta da uno qualunque degli imputati, bensì da Giorgio Carimati: per la società belga responsabile tecnico giuridico per l’ambiente e la sicurezza di tutti gli  stabilimenti italiani. In costante contatto telefonico con Bruxelles (come da intercettazioni) Carimati era al di sopra di tutti i direttori delle fabbriche ai quali impartiva le disposizioni affinchè fossero “eseguite alla lettera” a cascata dalle maestranze, nonché era il coordinatore del pool degli avvocati.

Disposizioni che, concordiamo con le rilevanze processuali, “ non sono allineate a principi di integrità  morale e giuridica, e si prestano ad aspetti confluenti in comportamenti configuranti reati”. Ne sono infatti coinvolti altri soggetti della realtà spinettese, in scala gerarchica, consapevoli in varia misura dello stato di inquinamento acque e atmosfera, e soprattutto solerti attori delle manomissioni e degli occultamenti “suggeriti” dal regista Carimati.

Ad esempio le doppie versioni, segrete e ufficiali, delle analisi dei pozzi. Ad esempio, quando dai muri e dai pavimenti affiorava il giallo del cromo: si provvedeva a stenderci sopra una gettata di bitume o cemento. Ma ne sapremo di più dal direttore Arpa nella imminente udienza del 24 aprile.


Medicina democratica Sezione provinciale di Alessandria

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