“Essere senza imitare. Avere senza rubare”. Dal 15 aprile 2011 in tutte le librerie d’Italia in una nuova edizione de L’Asino d’oro, La marionetta e il burattino scritto nel 1974 da Massimo Fagioli, lo psichiatra dell’Analisi Collettiva, racconta della ricerca di una possibilità di identità e di desiderio nel rapporto interumano, oltre quello che religione e ragione hanno tramandato nel tempo come un destino inevitabile.
“E respirando a pieni polmoni per più di tre anni, nonostante la pistola puntata da parte della Società di psicoanalisi comparve nell’autunno 1974, La marionetta e il burattino”, ricorda Fagioli nella nuova premessa, intitolata Prima edizione L’Asino d’oro. Quaranta anni dopo.
“Diceva dell’eterna passività e obbedienza all’autorità e stupidità del pater familias e dell’eterno figlio ribelle che, hanno sempre raccontato, finisce distrutto e non riesce a realizzare mai una identità che non sia l’identificazione con il padre”, spiega lo psichiatra che il 20 marzo scorso ha visto pubblicato in Germania tradotto in tedesco il testo fondamentale della Teoria della nascita, Istinto di morte e conoscenza, scritto nel 1970.
“Compare, di nuovo, il secondo volume dei tre che furono la verbalizzazione scritta del pensiero dell’autore”, recita la fascetta della nuova edizione de La marionetta e il burattino, libro nel quale è la donna in particolare al centro di una ricerca d’identità, attraverso l’opposizione a “annullamento, negazione e sadismo”, che Fagioli definisce “le tre streghe”.
La resistenza all’analisi. L’indifferenza. L’esibizionismo. L’oggetto psichico. Il desiderio. Il rapporto sadomasochistico. I capitoli si susseguono con stile chiaro, lineare.
E nella trama dell’elaborazione scientifica la schizofrenia (simplex e ebefrenica), la separazione, la conoscenza, la distinzione tra la negazione e il rifiuto, l’identificazione introiettiva e proiettiva, la trasformazione, il desiderio e la creatività, appaiono sotto una nuova luce.
“Venendo dal fondo del cielo, come una fantasia risorta dal buio dell’oblio compare nella mente, come fosse presente e viva l’immagine di Margherita…”. Nella nuova premessa Fagioli fa emergere memorie dell’infanzia: quel nome rievoca la pastora che lo salvò bambino dalla furia di un montone, e l’altra donna dal grembriule nero svolazzante che di corsa ridendo spaventò i buoi del carro che il ragazzo teneva alla fune, prima di rotolare nel pendio rompendosi una spalla. Margherita si chiamava anche la protagonista del Faust.
“Pensando a Goethe, all’illuminismo, penso che l’emancipazione della ragione dalla religione non è la verità. In entrambe le idee sulla realtà umana c’è la negazione della donna”, afferma lo psichiatra. E aggiunge: è la vitalità “l’oro rosso nascosto nel rapporto uomo-donna, parola ascoltata e intesa come buon funzionamento della fisiologia del corpo”.
“Nessuno aveva mai pensato che la realtà biologica, stimolata dalla luce nella sostanza cerebrale, diventa diversa perché trasforma la biologia in vita umana. Così dicevo nel 1970”, rammenta Fagioli. La scoperta che il pensiero inizia alla nascita per stimolo del fotone sulla rètina, ha trovato di recente autorevole conferma.
“A settembre 2010 si è saputo di una ricerca, a Bologna, che ha visualizzato la modificazione cellulare della rètina che, dicono, dà la possibilità di vedere”, spiega Fagioli che delineando nuovi sviluppi della teoria, conclude: “Lo stimolo della luce, prima di determinare la reazione retinica, stimola la vitalità che, trasformando la pulsione di annullamento del mondo che ucciderebbe la vita, crea dalla realtà biologica, la capacità di immaginare. Non è registrabile perché non c’è tra l’arrivo del fotone e la sua reazione, nessun tempo, nessun femtosecondo. Il tempo inizia con la nascita del pensiero e finisce con la scomparsa di esso”.