EDITORIA, ''IL CREPUSCOLO DI UN IDOLO'', la presentazione del libro di Onfray a Roma il 14 aprile. Ultime notizie - Roma - Un anno fa ‘Le crépuscule d’une idole. L’affabulation freudienne’, del filosofo Michel Onfray provoco’ un ‘terremoto’ nel mondo culturale francese, specie di ‘sinistra’, quella piu’ vicina al mitico ’68, da Elisabeth Roudinesco a Bernard-Henri Levy, da Julia Kristeva a Alain de Mijolla, che accuso’ l’autore di ‘lesa maesta’’ per aver rivelato l’imbroglio della Psicoanalisi e definito Sigmund Freud un ‘reazionario’ e non un ‘rivoluzionario’. La tesi di fondo di Onfray e’ che: “il freudismo e la psicoanalisi riposano su una gigantesca affabulazione, a sua volta fondata su una serie di leggende. Freud disprezzava la filosofia e i filosofi, ma non fu che un filosofo, autore di una soggettiva psicologia letteraria”.

Onfray, coerente con sé stesso, prende di mira in questo libro, ancor più dei monoteismi del suo ‘Trattato di ateologia’,  una ‘religione’,  la psicoanalisi, e più in particolare il freudismo: Freud, per Onfray, ha tentato di costruire una scienza e non vi è riuscito; ha voluto provare che l’inconscio ha le sue leggi, può essere studiato mediante protocolli che riteneva scientifici, e tuttavia ha mentito, per potersi fregiare degli emblemi della scientificità.



Ora ‘Il crepuscolo di un idolo’ arriva, per la casa editrice ‘Il Ponte alle Grazie’, in Italia: un anno fa il ‘gotha’ culturale nostrano preferi’ il silenzio, ignorandone quasi l’esistenza. Solo qualche stizzita reazione nella ‘sinistra comunista freudiana’ e per lo piu’ irritata nei confronti di Onfray: “ma quante sciocchezze scrive il ‘filosofo’ Onfray […] si potrebbe parlare di un vero e proprio Malleus maleficarum contro la psicoanalisi, di caccia alle streghe”, scrisse Bruno Gravagnuolo, storico caporedattore della Cultura de ‘l’Unita’’ e lo psichiatra Luigi Cancrini, rivendico’ sullo stesso quotidiano un Freud “progressista” che “aveva capito e scritto sull’uomo e sul funzionamento della mente umana”, dando ad Onfray del “dissacratore”. A tacere furono  ‘i cultori’ di Freud, come il ‘filosofo’ Umberto Galimberti, lo scrittore Pietro Citati e lo stesso Eugenio Scalfari. 


Nel suo libro, Onfray  smonta in ‘mito’ di Freud, teorico di un pensiero ‘reazionario’ e per niente rivoluzionario. Ma toccare, criticare, fino a metter in discussione il ‘Padre’ della psicoanalisi, colui cioè che avrebbe svelato i misteri dell’inconscio, e’ stato per Onfray  se non un ‘reato’ di certo un ‘processo’ mediatico e politico anche piuttosto pesanti che non hanno risparmiato la persona. Del resto le reazioni più scomposte e più violente sono emerse sempre e soprattutto nella ‘sinistra’ o meglio in una certa ‘sinistra’ più attaccata all’ideologia, fallita, del comunismo. Era gia’ accaduto negli anni ’70 allo psichiatra Massimo Fagioli, ‘reo’, all’indomani del ‘distruttivo ‘68’, di aver demolito con ‘Istinto di Morte e Conoscenza’, ora pubblicato da  Stroemfeld Verlag  in tedesco Todestrieb und Erkenntnis”, e la connessa ‘teoria della nascita’, non solo l’intera opera di Freud, di cui dimostro’ tutta la sua falsità per cui fu messo ‘sotto processo’ ed espulso da una ‘societa’ privata’, la Società Italiana di Psicoanalisi, ma anche contemporaneamente la ‘rivoluzione’ dell’esistenzialismo di Franco Basaglia mutuato da Ludwig Binswanger, per cui sarebbe bastato chiudere i manicomi per risolvere la malattia mentale. Poi negli anni ’80 a Jeffrey Moussaieff  Masson e quindi a Henri Ellenberg ne “La scoperta dell'inconscio” rivelo’ il clima di leggenda cresciuto intorno alla figura di Freud.

E un anno fa tocco’, ma con modalità diverse, al filosofo post-anarchico, Onfray per aver, con il Crépuscule d’une idole. L’affabulation freudienne (edito da Grasset), smontato sulla base delle 6 mila pagine scritte da Freud, una ‘leggenda’ che non ha alcunché di scientifico. Vedere cosa accadra’, queli reazioni ci saranno e se ci saranno in Italia, soprattutto negli ambienti culturali di ‘sinistra’.
Alle ‘feroci’ critiche di Elisabeth Roudinesco, Bernard-Henri Levy, Julia Kristeva e Alain de Mijolla, definiti gli ammuffiti del ’68, che mal sopportarono il suo libro, Onfray cosi’ replico’.
“La sinistra dell’intellighenzia o, per dirla in altre parole, una manciata di oligarchi impegnati a difendere la loro bottega estremamente fruttuosa, una sinistra a cui non resta più che il nome di sinistra, che si attesta su posizioni assimilabili al catechismo della sinistra policamente corretta. E nel catechismo di sinistra vi è questa leggenda di un Freud liberatore, ebreo di sinistra, uomo illuminato, amico delle donne ecc. La realtà è meno prosaica: Freud simpatizzava per i cesarismi politici del XX secolo, e di questo testimonia una dedica estremamente elogiosa a Mussolini, scritta nel 1933, il suo appoggio al regime austrofascista del cancelliere Dollfuss, il lavoro con gli emissari dell’Istituto Goering perché la psicanalisi potesse continuare a esistere sotto il regime nazionalsocialista, il suo odio per la sinistra, la pubblica riprovazione contro Wilhelm Reich, colpevole di simpatie bolsceviche e estromesso da Freud (e da sua figlia Anna) a causa del suo marxismo, e questo accadeva in piena dittatura nazista. Freud era ontologicamente misogino e fallocrate. D’altra parte, ha difeso l’occultismo, la numerologia, ha praticato dei riti per scongiurare la malasorte... Di Freud spesso sappiamo solo quello che di lui hanno fatto i freudiano-marxisti – e che è ben lontano dai testi freudiani”.


Quindi Onfray concordava sull’operazione culturale fatta nel ’68 di sostituire pezzi obsoleti del marxismo (lo sfruttamento) con assunti (dominio e repressione) del freudismo. “Si, certo, è esistito un marxismo influenzato da Freud che ha contribuito sostanzialmente a trasformare Freud in un rivoluzionario: quest’uomo che era radicalmente opposto alla liberazione dei costumi, a ogni tipo di rivoluzione sessuale, che sosteneva l’inferiorità morale delle donne in ragione del loro sviluppo ontogenetico e filogenetico, che vedeva l’omosessuale come una figura imperfetta, che non aveva compiuto il percorso dello sviluppo “normale” della libido, l’uomo che rifiutava che si potesse volere la liberazione dei costumi e difendeva con le sue teorie la necessità della repressione della libido per costituire e conservare la civiltà, è diventato un araldo del Maggio 1968 grazie a Reich, Fromm o Marcuse. Fu l’origine del malinteso che fa di quest’uomo profondamente a destra, addirittura molto a destra, un uomo che si suppone di sinistra”.


Lei non è stato il primo a mettere sotto accusa Freud che non tratto’, non curo’ ne guari’ i suoi pazienti: perché se è ampiamente dimostrata la falsità del freudismo, esso viene ancora difeso a spada tratta?
“La leggenda è alimentata dai devoti che hanno interesse a conservarla in vita perché assicura loro una posizione dominante nel campo culturale, intellettuale e mediatico della Parigi mondana. Essa offre anche l’opportunità di notevoli flussi di denaro liquido che sfuggono al fisco della Repubblica: quei flussi che pagano le sedute motivate da ragioni a cui Freud fornisce la credibilità teorica (bisogna pagare l’analisi perché essa sia efficace e più questa è costosa, maggiori sono le probabilità che porti a un risultato rapido...) sono una manna straordinaria che permette di sottrarsi alle tasse che sono gli strumenti dell’uguaglianza sociale e della ripartizione repubblicana delle ricchezze. Certi vecchi comunisti, spesso di fede staliniana e maoista degli anni 70, si sono riconvertiti oggi a questo business molto fruttuoso; si capisce che rifiutino il dibattito e ricorrano all’insulto per colpire ogni tipo di lettura critica della leggenda freudiana. Ogni proposta per illuminare la storia laddove essi fanno trionfare la leggenda è presentata con il loro pieno contributo (e la complicità dei media oggi diretti e/o animati da altri vecchi comunisti e maoisti...) come un ritorno in auge del pensiero di estrema destra, una teoria antisemita, un rigurgito di reazione populista, una posizione “revisionista” (in altre parole, vagamente complice del negazionismo...). Per quello che mi riguarda, posso rivendicare più di vent’anni di prese di posizione teoriche (Politica del ribelle del 1995) e pratiche (la creazione e l’animazione di due Università popolari) a sinistra; è dunque quanto meno rischioso trasformarmi in uno sgherro dell’estrema destra antisemita senza far la figura del perfetto cretino!”.

Il Italia la definiscono ’sessantottino’, nostalgico del ’68 che ebbe come maitre a penser Sartre, Foucault, Marcuse: ma costoro non hanno a che vedere più con Marx che con Freud? E Lei si ritiene un ’sessantottino’, nostalgico del ’68?
“Difendo nella maniera più assoluta il Maggio del 68, ma come un momento necessario in un movimento che mi porta fino a oggi e, fenomeno di generazione, non sono un contemporaneo del Maggio 68 (avevo 9 anni...) ma un filosofo del mio tempo, quello della generazione successiva...Da allora, chiaramente iscritto nel movimento libertario - mi definisco un postanarchico – sono un figlio di quei pensatori, certo, ma un figlio autonomo, indipendente, un figlio ribelle e libero, e non un devoto in ginocchio davanti a grandi maestri insuperabili! Cosa sarebbe un libertario devoto della tradizione critica? Un pappagallo...voglio una teoria critica contemporanea e non la ripetizione infinita della teoria critica dei grandi antenati di quel Maggio”.

Ultima domanda: oggi, dopo la sbornia rivoluzionaria del ’68, il fallimento del comunismo con il crollo del Muro di Berlino, e con la crisi che attraversa la Chiesa Cattolica, Lei pensa che la sinistra in Francia come in Italia abbia ancora una chance di vincere e se ce l’ha puo’ stare in un socialismo nuovo, dai tratti libertari, liberale, riformatore e laico?
“La sinistra deve essere rifondata. Ha esaurito il filone marxista, bolschevico, maoista, marxista-leninista, castrista, e di questo testimonia lo spaventoso blocco totalitario. Ha esaurito il filone liberale, e di questo è prova la condizione dell’Europa nelle mani (almeno in Francia e in Italia...) di due creatori di serie televisive...Non ha sfruttato il filone libertario delle cooperative, delle mutualizzaione, del federalismo, della regionalizzazione del socialismo libertario di un Proudhon, non ha sfruttato il filone delle rivoluzioni del corpo proposte da Fourier nei falansteri o di Emile Armand della Camaraderie amoureuse. Per far questo, bisogna che prenda atto della fine del potere monolitico dello Stato, precisare la natura micrologica dei poteri e rispondere con resistenze micrologiche. Da qui un presente e un futuro per le rivoluzioni libertarie molecolari: esse offrono altrettante occasioni per attivare il pensiero di Gulliver: un’infinità di piccoli legami (libertari), quelli dei lillipuzziani, possono bloccare il gigante (liberale) Gulliver. Il futuro della sinistra è fuori dai partiti, nelle azioni di sinistra e nella federazione, mutualizzazione delle azioni di sinistra”. Forse piu’ che la ‘conquista del potere’, la sinistra del XXI° secolo dovrebbe riscoprire il ‘socialismo utopistico’ e puntare – come già negli anni ’70 proponeva brillantemente Gilles Martinet – alla ‘conquista dei poteri’ dotandosi di un ‘riformismo rivoluzionario’.


E qualche segnale d’inversione anche in Francia puo’ essere l’accogliena meno stizzita e meno feroce che emerge in un’altra sinistra, piu’ vicina al Psf di Martine Aubry. Infatti il quotidiano Libération scrive:  “L’esperienza mostra come la psicoanalisi, cui ricorrono milioni di persone sofferenti e che ha fatto progredire il sapere umano, soffra però di un innegabile deficit terapeutico. Perché non sottometterla a un esame critico? [...] A forza di rifiutare il dibattito, si diffonde il sospetto che lo si tema. [...] Questo è un saggio forte, intelligente e sconvolgente, scritto in modo semplice e diretto, abilmente argomentato, organizzato attorno a una tesi sviluppata fino alle estreme conseguenze”.

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